Nel fondamentale ed attuale libro ‘La Qualità Sociale‘, Giorgio Ruffolo, ragionando in merito al “vecchio” bilancio statale, scriveva: “In Italia, sono stati compiuti, proprio grazie all’impulso iniziale della programmazione, notevoli progressi negli ultimi anni, ma in mezzo a lentezze e a tenaci resistenze delle vecchie strutture e delle antiche abitudini: quelle in particolare di un’amministrazione che sa tutto sul come, e niente sul perché. Così, la riforma del bilancio è rimasta in mezzo al guado”.

Oggi, più che mai, è necessaria una vera riforma del bilancio per cambiare radicalmente le carte in tavola ed uscire finalmente dal guado dell’incomprensibilità, con la conseguente scarsa innovazione delle politiche pubbliche.

Paolo De Ioanna, ricorda la posizione di un vero autentico maestro tra i nostri economisti, Paolo Sylos Labini, sul tema del rapporto tra ristagno economico e spese pubbliche relativamente alla profonda differenza qualitativa sulla crescita, delle spese pubbliche produttive rispetto a quelle improduttive. E questa considerazione dovrebbe orientare, la classificazione della spesa e la sua organizzazione e presentazione , per l’esame parlamentare, in programmi.

I vari tentativi di riforma, mirati ad una semplificazione gestionale del bilancio che facilitasse il perseguimento delle priorità e degli obiettivi determinati dal legislatore, sono, in buona parte, rimasti inattuati.

E’ del tutto evidente però che innovare metodi e comportamenti è necessario un passaggio “epocale”. Una svolta strutturale contro l’opacità che in questi anni non ha permesso la vera attuazione della trasparenza, intesa anzitutto quale “chiarezza” e “leggibilità” dei documenti di bilancio.

Sul punto, ancora De Ioanna afferma che ” i monopoli conoscitivi si traducono in monopoli di potere. Occorre rompere il monopolio informativo del governo, a partire dai dati di bilancio […]. E questa è la precondizione e la base per costruire, implementare e monitorare ogni politica pubblica”.

Un notevole passo avanti verso una nuova concezione del bilancio pubblico si è compiuto con il Disegno di legge di iniziativa CNELsui contenuti delle leggi di bilancio , con l’auspicio che al più presto approdi all’esame parlamentare.

Nella relazione di Manin Carabba, si evidenziano molte innovative strategie di metodo, già esaminate in una mia precedente disamina alla quale mi permetto di rinviare.

Un breve accenno merita l’ esatta interpretazione della spending review senza azioni “cosmetiche”. Compito assegnato ora al nuovo Commissario Cottarelli, il quale dovrebbe intervenire sui tagli alla spesa pubblica con attenzione particolare al “ripristino” dello stato sociale.

Il sistema del welfare, tuttavia, deve essere innovato, anzitutto, nel luogo più alto della rappresentanza sociale. Quel Parlamento che dovrebbe “ascoltare” la società traducendo in azioni concrete il grido di dolore che proviene dai più deboli, dai dimenticati purtroppo in quotidiano aumento. Non una spesa improduttiva, ma una scommessa futura e necessaria che passa per le aule parlamentari.

In questo quadro, l’Ufficio Parlamentare di Bilancio (Upb) si colloca all’interno del nesso fra bilancio e gestione amministrativa e potrebbe essere una struttura necessaria il cui ritardo nell’attuazione costituisce un freno alla “qualità della democrazia” .

L’Upb., istituito dalla legge n. 243 del 2012, è un organismo destinato a svolgere analisi sui temi della finanza pubblica. Condivide con istituzioni simili già attive in numerosi altri paesi occidentali l’obiettivo di promuovere una maggiore trasparenza del bilancio pubblico ai fini della sostenibilità della finanza pubblica, anche attraverso l’accountability.

Sul punto, si rimanda ad una riflessione di Bruno Dente “misurare i risultati delle politiche pubbliche, dar conto delle risorse che in esse sono impegnate, mettere a confronto gli uni e le altre con quanto avviene negli altri paesi a noi comparabili, e, soprattutto, comunicare ai cittadini in modo chiaro e scientificamente corretto tali informazioni rappresenta un dovere imprescindibile per un sistema che si vuole democratico. E’ il concetto di accountability, parola difficile da tradurre fedelmente, ma che significa essenzialmente l’obbligo per i governanti di render conto di come utilizzano i poteri che sono loro stati affidati dai governati

Quanto detto finora potrebbe davvero rappresentare una svolta per una vera “democrazia del Bilancio”, abbandonando definitivamente lentezze e tenaci resistenze delle vecchie strutture e delle antiche abitudini.

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