Avendo scartato come “divisivi” i temi dei diritti civili, della politica industriale, del reddito di cittadinanza, della patrimoniale, della riforma del Welfare, della lotta alla corruzione e alle mafie, della riconsiderazione del federalismo, della nuova cittadinanza, della Bossi-Fini, dell’agenda digitale, delle spese militari, della Tav, ci si ritrova a discutere una settimana dell’Imu e quella dopo della decadenza di Berlusconi. Questa è la settimana dell’Imu.

L’emendamento del Pd in materia “vale” 1,2 miliardi di euro, una cifra molto alta ma non enorme se raffrontata ad altro: è appena il doppio dei soldi rubati al porto di Molfetta (uno scandalo che non ha fatto quasi notizia) e assai meno del costo di due dei novanta caccia F35 che abbiamo commissionato. Un governo appena riconsolidato dalla prova della fiducia avrebbe dovuto risolvere la cosa in cinque minuti. Invece sembra che abbiamo riaperto il Concilio di Nicea sulla natura diabolica dell’arianesimo, con toni millenaristi che fanno quasi ridere.

Tanto per fare un paragone, le riforme che animarono, e talvolta lacerarono, la Grosse Koalition tedesca furono la riduzione del costo del lavoro sotto il 40 per cento, la totale revisione dei sussidi di disoccupazione, il piano di vendita di asset dello Stato in favore di scuola e ricerca. Nel nostro piccolo, durante i governi della solidarietà nazionale Dc-Pci, litigammo e ci dividemmo sull’equo canone, sulla legge sull’aborto, sull’abolizione dei manicomi, sulla riforma sanitaria che cancellò le mutue, sulla riforma del diritto di famiglia, sul punto unico di scala mobile.

Qualcuno dovrebbe spiegare a Letta e ad Alfano, ora che vanno così d’accordo, che le larghe intese si fanno per affrontare gli argomenti divisivi e non per nasconderli, e che il ruba-bandiera sull’Imu ha stufato: si accordassero, sono lì per questo, e passassero ad altro. L’elenco è molto lungo.

 

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