Si è conclusa con una discussione sul futuro dei media la settima edizione di Internazionale a Ferrara. Un’edizione che ha migliorato ulteriormente il record di presenze dell’anno scorso (62.500 persone, 5mila in più del 2012, nonostante il maltempo) e che lascia i lettori della rivista diretta da Giovanni De Mauro davanti al bivio che riguarda il futuro dell’informazione: carta e internet.

Ne discutono Natalie Nougayrède, prima direttrice donna di Le Monde, e Stephen Engelberg, direttore di ProPublica, quotidiano online statunitense nato nel 2008 la cui propensione per l’inchiesta gli è valso due Pulitzer. A fare da arbitro il giornalista di Radio3 Marino Sinibaldi, che passa subito al centro del problema: “il vecchio modello di stampa si sta sgretolando, ma non abbiamo ancora trovato un sostituto”. Per la Nougayrède i due modelli possono coesistere, così come il suo giornale è capace di conciliare i numeri del cartaceo con una piattaforma “assolutamente multimediale ma con un background proveniente dalla carta”, anche se deve annettere che “sempre più gente ci legge per mezzo di uno schermo e il nostro sito raggiunge oltre dieci milioni di contatti al giorno”.

Più a suo agio con i titoli consegnati ai bit, Engelberg parla di internet come di un oggetto che “prende e dà” nel mondo del giornalismo d’inchiesta, ma può partire da una base economica preferenziale: “Negli Stati Uniti per ogni dollaro incassato dai quotidiani di carta 85 centesimi se ne vanno tra tipografia, materia prima, spedizioni e costi vari, mentre per ogni dollaro incassato con l’on-line consegniamo 85 centesimi all’attività giornalistica”. Un investimento sul versante del reportage che secondo il direttore di ProPublica ha rivoluzionato il modo di fare giornalismo: “Oggi abbiamo accesso a una quantità di informazioni impensabile solamente quindici anni fa”. Ne deriva la possibilità, utilizzata in una delle più note inchieste di Propublica, di creare database in grado di rintracciare e smascherare gli scienziati che conducono ricerche finanziate dal governo e contemporaneamente prendono denaro dalle case farmaceutiche.

Nemmeno la Nougayrède si sottrae all’analisi della connessione tra web e ricerca giornalistica, tanto che vede “nel data mining il nuovo orizzonte dell’inchiesta”, senza rinunciare però “al giornalismo fatto sul campo, a contatto con la realtà e fatto di domande alle persone”. Un esempio ‘nudo e crudo’ è quello consegnatole da due soui inviati in Siria. “Per una settimana non abbiamo avuto più loro notizie. Eravamo molto preoccupati. I contatti erano saltati perché a Damasco si sono trovati in mezzo ad un attacco con armi chimiche e hanno deciso di andare a fondo, raccogliendo campioni, facendo fotografie, andando negli ospedali e parlando con medici e feriti”.

Dal campo di guerra si torna a quello di silicio, con Engelberg, ricordando i casi di Wikileaks e dello spionaggio made in Usa della Nsa. “Solo una parte veramente ristretta della popolazione – avverte – ha capito la portata delle intercettazioni, ma ciò è dovuto anche al bisogno di sicurezza che gli americani cercano in tutti i modi dopo gli attacchi nel loro territorio”. E a dimostrarlo sarebbe la stessa Nsa: “Prima dell’11 settembre l’agenzia era molto cauta riguardo all’intrusione della privacy dei cittadini, ma ciò ora è totalmente cambiato”.

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