“Abbiamo puntato su una politica aero-navale da status symbol, rinunciando a dotarci di piccole navi e aerei adatti al pattugliamento”. Di fronte alla tragedia dell’ennesimo naufragio di migranti a Lampedusa, Falco Accame, ammiraglio ed ex presidente della Commissione Difesa della Camera, invita tutti a riflettere sulla spesa militare dell’Italia. “Con una flotta adeguata è probabile che l’avvistamento sarebbe avvenuto molto prima”, spiega. “Invece ad avvistare i naufraghi sono stati dei pescherecci”. Accame punta il dito contro la politica della Difesa, colpevole secondo lui di aver sacrificato le forze di ‘protezione’ a una forza di ‘proiezione’, “volta a dimostrare una supposta grandeur tecnologica”. Tra gli errori cita la portaerei Cavour: “Una spesa enorme anche per i costi di gestione. Mentre servirebbero moto-vedette, cannoniere, e aerei di pattugliamento come i Brequet Atlantique, capaci di ore di volo e di intercettare anche un periscopio tra le onde. Invece compriamo gli F-35”. La spiegazione, secondo Accame, dal 1983 presidente dell’Associazione nazionale dei familiari delle vittime delle Forze Armate, è nel condizionamento che sulle scelte della Difesa opera il “complesso militare industriale”. “C’è subalternità”, accusa, “e la politica militare la fanno le stesse industrie che commerciano in armi e apparecchiature”. Una denuncia che Accame racconta di portare avanti inalterata da decenni. “Ma in Italia mi pare si sia mosso solo il Papa, quando ha messo in guardia dai commercianti d’armi. Che”, conclude, “non portano solo guerre, ma anche modificazioni improprie dell’apparato” di Franz Baraggino
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