Un’insalata di futilità. E il senso di impotenza. “Ci scivolavano via dalla mani”, leggiamo le testimonianze di Lampedusa sui giornali. A galleggiare tranquilla sull’onda della mia vita, son qui a sentirmi perfino in colpa di star abbastanza bene, a parte gli acciacchi dell’età. Lo so, sentirmi in colpa non è che un segno del mio egocentrismo: come se potesse mai essere importante come mi sento! Tanto che mi dico: ma ha senso scrivere del bel padiglione della Biennale di Venezia (gratuito!) vicino a campo Manin, a Venezia, dove l’artista Thomas Zipp mette a disposizione di chiunque li voglia provare due “caschi” in cui deboli onde magnetiche (in circa 30 minuti) rilassano la mente? E così passano i giorni, e non lo scrivo. Eppure è una grande esperienza, o così mi è parso, nel farla, e ci tornerò, e la consiglio a chi come me è così fortunato da essere vivo e sano abbastanza da poterci andare.

Ha senso dirvi che sulla via Garibaldi, sempre a Venezia, su tutte le vetrine dei piccoli negozietti locali le scritte di un gruppo di artisti riesce a farci vedere ogni cosa come un’installazione – uno strano effetto spaesante. Mi confonde, mi “sposta” la prospettiva “solita”, mi auguro che non le tolgano mai. In fondo, si, vorrei tanto restare così, spaesata e fragile, per sempre. E ha senso scrivere del libro sulla filosofia del camminare: Frederic Gros, ‘Andare a piedi, filosofia del camminare’, Garzanti 2013, che ho appena finito di leggere – si, certo, con tutta la difficoltà derivante dal cercare di farlo camminando, appunto. E forse questa è un’idea per le case editrici: fare libri-ipod, letti da qualcuno per noi pedoni indefessi al ritmo del buon passo di una bella, lunga passeggiata.

E forse non sono che le riscoperte camminate che mi impediscono di stare alla scrivania a scrivere, e a leggere? Ma poi mi dicono di aver visto, esposto in vetrina a Venezia, un cappottino da 21.000 euro. Per pochi giorni, presto non c’era più: che davvero l’abbiano venduto? Esistono davvero mondi paralleli, extraterrestri, almeno per me. Oltre un miliardo di persone – qui sulla medesima terra su cui poggiano, grati del suo sostegno, i miei piedi, e anche i vostri – 1 miliardo e 20 milioni per la precisione, vive in stato di sotto-nutrizione. La Banca Mondiale stima che per affrontare radicalmente il problema basterebbe un investimento che oscilla tra i 10,3 e gli 11,8 miliardi di dollari.

Le settanta bombe atomiche da montare sugli F-35 costerebbero 11 miliardi di euro. Non voglio contribuire a finanziarle, eppure lo faccio automaticamente, pagando le tasse. Sono disumane e contrarie ad ogni buonsenso, le bombe atomiche, e se mai hanno “senso” lo hanno solo ed esclusivamente nella misura in cui non si possono assolutamente usare. Per cui, oltre ad essere disprezzabili in quanto armi di distruzione di massa, lo sono anche in quanto strumenti di distruzione delle risorse economiche degli esseri umani, che potrebbero certamente usarle meglio. Se la prima distruzione è potenziale (e ci possiamo perfino illudere che un qualcosa che esiste non verrà davvero mai utilizzato) la seconda è certa. La buona notizia: ci si sta muovendo, a livello internazionale, per proibirle. Possiamo informarci e controllare se, senza saperlo, ne finanziamo. E smettere subito.

Del resto, tutto questo si sa, è “ovvio”. Ma un gran senso di impotenza mi assale. Nel mio piccolo faccio del mio meglio, come tutti; un granello alla volta sposto le briciole di mia competenza, come fanno le formiche, solidali e piccine. Imparare da loro e non parlarne più, tacere. Punto. Basta. Un lutto silenzioso. Quando non scrivo nulla, e quindi non mi leggete, mie care lettrici e miei cari lettori, immaginatemi mentre vi penso, qui in cucina, guardando fuori dalla finestra, benaugurante e preoccupata, triste come voi.
 

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