Chi vincerà lo sapremo in settimana, dopo il voto di fiducia che il premier Enrico Letta ha fissato in calendario per mercoledì 2 ottobre. Chi ha perso, invece, lo sappiamo già da un pezzo: l’Italia e gli italiani. Il blitzkrieg del pregiudicato Silvio Berlusconi, messo sempre più in forse dalle defezioni e i distinguo dei suoi ministri e colonnelli, restituisce l’immagine di un Paese in cui davvero, come diceva Ennio Flaiano, la situazione è tragica, ma non seria.

Lo raccontano le sortite di Angelino Alfano pronto a dichiararsi “leale”, ma “diversamente berlusconiano”, un po’ come Bobo Craxi che nel settembre del ’93 spiegava “di non rinnegare” quanto fatto dal padre, ma di non “essersi mai considerato craxiano”. Lo confermano le uscite degli ultimi pasdaran del Cavaliere condannato: Daniele Capezzone e Gianfranco Rotondi che, mentre tutto intorno minaccia di crollare, puntano il dito con umorismo involontario contro “la trappola politico mediatica costruita dalla sinistra” o contro Famiglia Cristiana “un giornale comunista schierato da sempre con i poteri forti”. Lo testimoniano le immagini dell’anziano pregiudicato di Arcore che si prepara alla battaglia  (l’ultima?) scendendo dall’auto blindata, avvinghiato al pelo di Dudù, il barboncino di Francesca, la sua ultima giovane fiamma.

No, non c’è nulla di epico, maestoso, o storico in questo finale di partita. Il condannato Berlusconi urla e lotta duro. I suoi giornali e le sue tv sparano ad alzo zero. Ma il clima resta da operetta.  E per drammatizzarlo non basta nemmeno un comunicato congiunto dei ministri Pdl che avvertono Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale e  fidanzato di Daniela Santanché: “Non abbiamo paura, con noi il metodo Boffo non funzionerà”.

L’affare non è di Stato e neanche di governo. È una una semplice questione di famiglia. In ballo non ci sono il futuro dell’ Italia, lo spread che ovviamente sale, le imposte, la disoccupazione, il sempre più probabile arrivo della troika europea o il destino di una destra, che qui da noi non è mai esistita.

Il palcoscenico italico non è cambiato: offre solo un’ennesima guerra di potere, una nuova congiura di palazzo per provare a spartirsi ciò che resta del Paese. Lo scontro non è politico, etico o morale (nessuno dei supposti congiurati è disposto a dire che Berlusconi è un ladro). È generazionale. I piccoli gattopardi crescono e lottano solo per contare.   

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