Speravo di incontrare Sergio De Gregorio. Lo conosco dagli anni Settanta, giovanissimi cronisti a Napoli. Avevamo un amico in comune, il grande inviato Giuseppe Marrazzo. Poi ci siamo persi di vista, storie diverse. Ma è dal 1995 che avevo un domanda da fargli, da quando l’ex senatore comprato da Silvio Berlusconi, inviato del settimanale Oggi, intervistò e pubblicò le fotografie di Tommaso Buscetta in crociera nel Mediterraneo. “Da chi hai avuto la soffiata?”. Ho sempre pensato che fossero stati i servizi segreti e oggi Sergio De Gregorio lo ammette candidamente: “La ebbi probabilmente da qualcuno dei servizi di sicurezza dello Stato che non era d’accordo con quella operazione”.

1995. Stava per cominciare il processo Andreotti ed era partita la campagna di delegittimazione dei collaboratori di giustizia. Tommaso Buscetta è il pentito più importante di Cosa Nostra. Dopo la morte di Giovanni Falcone aveva fatto il nome di Giulio Andreotti e, rileggendo Gli Intoccabili di Peter Gomez e Marco Travaglio, mi torna in mente che il 15 luglio 1995 la Procura di Palermo aveva interrogato don Masino per un’inchiesta minore, che prende il nome da una banca palermitana, la Cram. Qualcuno teme che Buscetta racconti qualcosa anche sul conto di Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi. “Così in tempo reale scatta quella che i pm del processo Dell’Utri definiranno “la trappola”. Subito dopo l’audizione davanti ai pm siciliani, don Masino parte con la famiglia per una crociera nel Mediterraneo. Viaggia in incognito, con nome e documenti di copertura forniti dalle autorità americane sulla motonave Veracruz. Durante la crociera, viene avvicinato da Sergio De Gregorio. L’ex senatore, all’epoca giornalista, anticipa al telefono in un’intervista al Corriere della Sera di aver incontrato per il settimanale Oggi Tommaso Buscetta e i Buscetta vengono precipitosamente prelevati dai Nocs in alto mare e messi in sicurezza.

Oggi, quando sul terrazzo di casa sua chiedo a Sergio De Gregorio perché il suo contatto dei servizi segreti lo avvisò, circoscrive “la trappola” a un eventuale dissenso negli apparati sulle modalità di quella vacanza: “Non fu una grande idea mandare i Buscetta su una nave da crociera che faceva scalo a Catania, con 700 passeggeri che potevano essere oggetti di un attentato di qualcuno che avesse avvisato i compari di mafia catanesi”. E aggiunge: “Guardi, io scoprii che a bordo della nave c’erano dei signori di Marano (paese del napoletano, ndr) che facevano parte della famiglia Simioli, che erano stati accusati proprio da Buscetta nell’ambito delle indagini sul clan Nuvoletta”. Non è solo Sergio De Gregorio sulla Veracruz. Porta sua moglie e due amici. E’ più facile così “familizzare” con la famiglia Buscetta. Sorridendo De Gregorio mi dice di essere riuscito a far cantare don Masino: “O Sarracino e Guapparia”.

Al processo Dell’Utri, De Gregorio ricorda, invece, che Buscetta parla delle origini mafiose, del patrimonio di Berlusconi e dei rapporti di Dell’Utri con Cosa Nostra. Si scaglia contro l’impegno politico del Cavaliere: “Le pare possibile che uno Stato moderno si affidi a un personaggio le cui fortune provengono dal riciclaggio della mafia?”. Su Oggi non c’è traccia dei riferimenti a Berlusconi e Dell’Utri. Nell’intervista che realizzo per Servizio Pubblico l’ex senatore nega che ci fosse uno scontro dentro i servizi segreti tra quelli che volevano difendere Buscetta e i “filoandreottiani” o i “filoberlusconiani”. Racconta che qualcuno lo avvisò. Chi? “Un anonimo. Giuro, ricevetti una telefonata anonima di un signore che mi disse: guarda che su quella nave c’è Buscetta. Se ci sali a bordo lo trovi. Male che vada, pensai, mi faccio una vacanza”. Ma chi c’era sulla nave a proteggere don Masino? “I servizi segreti israeliani”.

Come? “Il Mossad doveva garantire la tranquillità della famiglia Buscetta”. E lei come fece a eludere la sorveglianza di uno dei più potenti apparati di sicurezza del mondo? “Io fui inseguito dagli agenti israeliani che ebbero il sentore, tra 700 persone tenute d’occhio,che io stessi realizzando foto e intervista perché stavo sempre con Buscetta. I rullini della macchina fotografica li nascondevo smontando i soffitti delle cabine. Scattai centinaia di foto. Chiamai la redazione del mio giornale e in previsione dello scalo a Rodi fecero partire un fotografo al quale consegnai i rullini. Due giorni prima di approdare a Catania rilasciai l’intervista al Corriere della Sera. Arrivarono i Nocs con gli elicotteri e Niccolò Pollari, che poi, negli anni successivi, ho stimato come amico, mi confessò che era stato lui a doversi prendere la responsabilità di coordinare quel blitz mandando le motovedette della Guardia di finanza fuori dalle acque territoriali italiane per scortare Buscetta e portarlo via”. Non so se quel servizio giornalistico contribuì o meno alla campagna di delegittimazione dei pentiti. Ricordo che quando vidi quelle fotografie pubblicate pensai subito che avrebbero potuto mettere a repentaglio la vita di Buscetta e dei suoi familiari, anche se erano un po’ mascherati. De Gregorio non si sente responsabile: “Io feci lo scoop, ero un cacciatore di scoop”. Qualche tempo dopo, penso che fosse nel 1996, io e Michele Santoro incontrammo a Roma Tommaso Buscetta. Gli chiedemmo come avesse reagito a quell’intervista pubblicata su Oggi. “Il giornalista si presentò come amico. Gli chiesi di aspettare di pubblicarla. Che l’avrei incontrato un’altra volta”.

da Il Fatto Quotidiano del 28 settembre 2013

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