Si torna a scuola. Sveglio Alessandro nel silenzio della mattina. Si siede a tavola con l’aria assonnata, quasi spaventata. Fa colazione controvoglia, mentre tento di illustrargli le gioie dell’apprendimento, la bellezza del rivedere i compagni, l’importanza della scuola e dello studio. Mi sembra quasi di averlo persuaso, se non fosse che si alza e va in bagno. Ha rimesso. Mi prende una specie di sconforto.

Suo papà a 8 anni scriveva in un pensierino: “La vita passa senza salutare”. E’ anche per quello che l’ho sposato. Alessandro è così: allegro e giocherellone e poi d’un tratto pensoso, cupo. Non è tanto la fatica di svegliarsi presto, ricominciare la routine. No, lui sembra in qualche modo soffrire il tempo che passa, che cambia, l’estate che se ne va e si porta via un altro pezzetto della sua infanzia. Sembra accorgersi che la vita lo spinge verso l’adolescenza, quasi verso un altro mondo. Per un attimo vorrei riportarlo a letto. Magari in braccio. Anche se fra poco sarà più agevole per lui sollevarmi piuttosto che il contrario. Ma torno in me velocemente: spingerli delicatamente avanti, staccarli da noi piano piano.

Era questo che avevo sempre pensato essere il compito dei buoni genitori. E così avanti, lavarsi, vestirsi, i denti, la cartella, è tardi. Alessandro vorrebbe piangere un po’. Lo trattiene l’orgoglio. Ci salva una fetta di formaggio. Sarà la merenda a scuola. Ce lo ha dato la zia. Improvvisamente sorride: gli sembra quasi di riuscire a portarsi un pezzetto di aria buona, di sole d’estate, di spensieratezza, chiuso nel piccolo contenitore di plastica. Mi torna in mente un libro che non mi è piaciuto affatto: “Il dio delle piccole cose “. Il titolo mi aveva attirato: evoca la magia di piccoli gesti che riescono a propagare la loro onda d’urto in modi inaspettati. Schegge di amore racchiuse in cose umili, che qualche volta sanno confortarci quando ci assale la paura. Saliamo in macchina. Il sole splende. Alessandro anche. 

Il Fatto Quotidiano, 23 Settembre 2013

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