Ci sono voluti sedici mesi, una mozione al Senato per “l’inadempienza di ministero del Lavoro e ministero delle Finanze” e una lettera inviata direttamente al titolare del dicastero dell’Economia Fabrizio Saccomanni per sbloccare i 70 milioni che il governo Monti, l’anno scorso, decise di destinare al Fondo per il sostegno al reddito di precari, lavoratori autonomi e liberi professionisti a partita Iva delle regioni colpite dai terremoti del maggio 2012. “Ma finalmente – racconta Elisa Bulgarelli, senatrice del Movimento 5 Stelle, che sin dal suo insediamento ha seguito da vicino l’iter del provvedimento – il decreto attuativo che doveva definire le modalità di esecuzione del finanziamento”, demandate dal decreto 74 del 2012, convertito nella legge 122, a entrambi i dicasteri, “è pronto”. Ed entro pochi giorni sarà pubblicato sulla gazzetta ufficiale. Una boccata d’ossigeno per una delle categorie più colpite dalla crisi che i fenomeni sismici dello scorso anno hanno generato in quella che un tempo era una delle terre più produttive di tutta la penisola. Per quei lavoratori, spiega Bulgarelli, “completamente sprovvisti di ammortizzatori sociali. Le decine di milioni che il decreto sblocca – sottolinea la senatrice – non saranno risolutive, ma aiuteranno i precari e le partite Iva a tenere duro”.

“E’ un provvedimento fondamentale – conferma Luisa Turci, sindaco di Novi di Modena – dal dopoguerra a oggi l’economia non solo di questa provincia, ma di tutto il territorio, si è sempre basata molto sulle piccole e piccolissime imprese, gravemente colpite dal terremoto perché prive dei mezzi necessari a creare nuovi bacini di mercato in attesa della ripresa, come ad esempio l’esportazione all’estero dei propri prodotti. Per loro che hanno contribuito a trasformare la regione in ciò che è oggi è quindi particolarmente importante che ci sia questa forma di sostegno”.

“Era ora – commenta anche Rudi Accorsi, sindaco di San Possidonio – nel mare magnum di annunci rimasti senza alcun seguito questo è sicuramente un passo avanti”.

Ma c’è ancora un problema da affrontare, spiega la Cna di Modena: la “sfiducia” che i continui ritardi nell’erogazione dei contributi statali per la ricostruzione, una burocrazia “labirintica” e una politica “di promesse che in rare occasioni si sono tradotte in atti pratici”, hanno generato nei cittadini. Emiliani e non solo. “C’è molta disillusione, sia tra le famiglie, sia tra le imprese – spiega la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa – molti si domandano perché presentare domanda di rimborso quando poi, nei fatti, i soldi non arrivano. A San Felice sul Panaro, per esempio, abbiamo inviato una comunicazione per informare i nostri associati del Fondo, ma abbiamo ricevuto pochissime richieste di informazioni”. A più di un anno dal terremoto, raccontano gli abitanti della bassa emiliana, “è rimasto tutto tale e quale”: i cantieri non partono perché “non ci sono aziende in grado di iniziare i lavori e rimanere in esborso per tre mesi” in attesa di “farsi pagare”, chiedere finanziamenti alle banche “è quasi impossibile perché nessuno ha garanzie da offrire agli istituti di credito” e l’unico dato che realmente cresce “è quello riferito alla richiesta di ammortizzatori sociali”.

“La chiamano trasparenza, ma in realtà la burocrazia non fa che escludere le piccole aziende – spiega Sandro Romagnoli di Sisma.12 – oggi la normativa fa sì che in Emilia lavorino solo le imprese che hanno basi solide e una copertura finanziaria. I piccoli artigiani e le attività di dimensioni minori restano escluse dalla ricostruzione. Noi avevamo proposto di introdurre il riconoscimento di un sal mensile (stato di avanzamento lavori), così che l’esborso fosse gestibile per tutti, ma non siamo stati ascoltati. E ci sono aziende che si sono fermate”. Con ripercussioni, ovviamente, su tutti: imprenditori e cittadini. Che in taluni casi non solo hanno dovuto gestire le difficoltà connesse alla necessità di ricostruire da zero gli immobili distrutti dal terremoto, ma anche quelle dovute ai cantieri che si bloccavano per via del fallimento dell’azienda titolare dei lavori.

La sfiducia, spiegano Turci e Accorsi, è tutta per lo Stato. “I tempi per ricevere i rimborsi stanziati dal governo sono lunghissimi – racconta il primo cittadino di San Possidonio – e le deroghe alla burocrazia che avevamo chiesto non sono mai arrivate”. I cittadini emiliani, in procinto di affrontare il secondo inverno dal terremoto, insomma, di sentire annunci “non ne possono più”.

“La burocrazia sembra una malattia infettiva a cui non riusciamo a trovare un antidoto – sottolinea Turci – ma dobbiamo vedere il bicchiere mezzo pieno. Chi ne ha diritto presenti domanda per accedere al Fondo, non perdiamo la speranza, che è un bisogno umano, i soldi ci sono”. “Ciò che come sindaco posso fare – conclude anche Accorsi – è invitare la comunità del ‘cratere’ a tenere duro. Non possiamo permetterci di alzare bandiera bianca, non possiamo concederci di essere negativi, dobbiamo concentrarci solo sugli obiettivi: segnalare al governo quello che ancora manca e cercare di portarlo a casa. Credo che questo, alla fine, pagherà”.

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