Il giorno dopo l’esonero di Paolo Di Canio al Sunderland, un tabloid britannico definisce i sei mesi del tecnico romano nel nordest inglese come il periodo più assurdo su una panchina nella storia del calcio. Addirittura peggio dei 44 giorni di Brian Clough sulla panchina del Leeds United, un periodo epico divenuto leggendario nelle splendide pagine de Il Maledetto United di David Peace. Ma il regno di Di Canio è stato un coacervo di stravaganze e contraddizioni tali da sbaragliare ogni concorrenza. Ora, non fosse altro che per la nutrita presenza di italiani in squadra, espressamente voluti dall’ex tecnico in questo mercato, come Giaccherini, Borini, Mannone e Dossena, i favoriti per la panchina sono Roberto Di Matteo e Gianfranco Zola. Ma sono già nella storia le 175 giornate di Sunderland dell’allenatore Paolo Di Canio.  

A partire dalla parola “regime” con cui il tecnico si è ostinato a definire fino all’ultima conferenza stampa il suo periodo alla guida della squadra, basato su una parossistica disciplina e innumerevoli (e controproducenti) epurazioni. A cui Di Canio non era nuovo. Tanto che a punirlo con il gol decisivo sabato scorso nella partita decisiva contro il West Bromwich è stato Sessegnon: ex talento del Sunderland mandato via all’ultima giornata di mercato perché pigro e lavativo, e prontamente trasformatosi nella sua nemesi. O nel suo Walter Audisio. Perché fin dallo scorso 31 marzo, quando Di Canio fu ingaggiato al Sunderland, il suo nome è stato accostato a quello di Mussolini, di cui il tecnico è sempre stato un grande estimatore avendo tatuato il nome “Dux” sul braccio e la sue effige con tanto di elmetto sulla schiena.  

All’indomani del suo arrivo in società ci furono le dimissioni di David Miliband, ex ministro laburista e direttore esecutivo del club, e tra le numerose proteste ci furono quelle dei sindacalisti e dei minatori della regione del Tyne and Wear, che ricordarono come i loro genitori o i loro nonni morirono per liberare l’Europa da Mussolini. E se Di Canio tentò una pubblica abiura alla sua prima conferenza stampa sostenendo di “non essere razzista e di non condividere l’ideologia del fascismo”, il tabloid the Sun pensò bene di rispondere con la foto di Di Canio al funerale dell’ex terrorista nero Signorelli: in un coacervo di saluti romani che ben si accompagnavano al suo noto saluto alla Curva Nord laziale.  

Ma se il calcio è politica, allora è vero che i risultati possono cambiare tutto. Un buon primo periodo con la salvezza ottenuta l’ha trasformato in idolo dei tifosi, ma è durato poco. Sentendosi come il dittatore dello stato libero di Sunderland, il tecnico ha cominciato con le epurazioni e finito con l’imporre un regime di ferrea disciplina, bandendo quelle piccole cose come i telefonini o il ketchup che aiutano ad allentare la tensione. Oggi al quotidiano The Independent una fonte della squadra racconta di “un clima di terrore, fatto di insulti e rimproveri che sembrava teso a distruggere l’autostima dei giocatori e la loro voglia di giocare”. E tutti i quotidiani sono concordi nel dire che l’esonero è avvenuto dopo l’ammutinamento dei giocatori, tra cui lo stesso Giaccherini, che non ne volevano più sapere di questo folle dittatore sempre incazzato.  

Anche perché sono cominciati a non arrivare neppure i risultati. La partenza del Sunderland, con un solo pareggio e quattro sconfitte, è la peggiore della storia. E anche quei tifosi che prima si erano convinti dai risultati ad apprezzarlo, hanno cominciato a insultarlo. Il vademecum d’insulti e bestemmie in lingua italiana da lanciare contro il tecnico che girava negli ambienti dei rivali del Newcastle, è stato usato anche dai suoi stessi tifosi del Sunderland.  E dopo la sconfitta interna 0-3 contro il West Bromwich, ai suoi tifosi che lo fischiavano e lo insultavano, Di Canio ha voluto opporre scendendo in campo il petto in fuori, la mascella dura e il mento alto: da tutti media britannici interpretato come l’ennesima imitazione ridicola di Mussolini. L’ultima farsa, prima della sua Piazzale Loreto calcistica. 

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