Novecentoventi milioni di dollari. E’ quanto Jp Morgan pagherà alle autorità inglesi e americane per risolvere la disputa sul buco da oltre 6 miliardi provocato l’anno scorso dalle scommesse azzardate sui derivati nella sede londinese della banca.

Nel patteggiare con le autorità americane, la banca ha ammesso di aver violato le norme della Federal Reserve e della Sec, la Consob americana. Jp Morgan è accusata – afferma la Banca centrale americana – di carenze nella supervisione, nella gestione e nei controlli all’interno della sede londinese del gruppo, dove lavorava la “balena di Londra”, il trader Bruno Iksil al centro dello scandalo, che ha patteggiato con le autorità e non è stato incriminato perché ha collaborato all’indagine dando informazioni preziose alle autorità.

Jp Morgan dovrà pagare 300 milioni all’Us Office of the Comptroller of the Currency, 200 milioni alla Fed, 200 milioni alla Sec e 137,6 milioni di sterline (circa 219,7 milioni di dollari) alla Financial Conduct Authority britannica. L’istituto di credito, secondo le autorità, “ha fallito nel non avere controlli interni”, ha agito “senza la dovuta attenzione e cautela” e non ha comunicato al consiglio di amministrazione i problemi di cui alcuni dirigenti erano a conoscenza.

L’amministratore delegato di Jp Morgan, Jamie Dimon, che quando era scoppiato lo scandalo nell’aprile 2012 lo aveva minimizzato definendolo “una tempesta in un bicchier d’acqua”, ha spiegato che “abbiamo accettato le nostre responsabilità e abbiamo riconosciuto i nostri errori fin dall’inizio, imparando da questi e lavorando per risolverli”, commentando la scelta della banca d’affari di patteggiare la multa. E ha aggiunto: “Noi continueremo a lottare per essere considerati la migliore banca per tutti i versi, e non solo dai nostri soci e clienti, ma anche dai nostri regolatori”.

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