“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale”, recita l’articolo 3 della Costituzione. Ma non è così per Andrea, un bambino romano di 7 anni con la sindrome di down. Durante la scuola dell’infanzia Andrea ha cambiato 4 insegnanti in 3 anni e la sua non è un’esperienza isolata. La mancanza di continuità didattica e il precariato del corpo docente, il cui ricambio fino al concorso a cattedra è stato garantito solo dal turnover, sono due dei motivi che hanno portato a un impoverimento dell’offerta formativa nei confronti degli alunni disabili. Il 28 maggio 2013 il ministro Maria Chiara Carrozza ha affermato: “La scuola è il pilastro su cui ricostruiremo il Paese dopo la crisi”. A sentire gli addetti ai lavori, però, le fondamenta su cui erigere questo pilastro dimostrano di non essere ancora ben ferme, nonostante gli interventi del decreto scuola annunciati pochi giorni fa.

LA STORIA DI UN BAMBINO – Andrea quest’anno ha iniziato nella capitale la scuola primaria. Nel suo primo percorso d’istruzione, alla materna, è stato affiancato da 4 diverse insegnanti. “L’inizio – racconta la madre – non era andato male: un’ottima maestra gli forniva sostegno per 24 ore alla settimana. Coprivano poi le ore restanti educatori di una coop del Comune”. Il secondo anno sono iniziati i problemi, quando per Andrea è stata messa a disposizione un’altra insegnante per sole 11 ore. A quel punto la famiglia, tramite un avvocato del sindacato, ha fatto ricorso al Tar ottenendo tutte le ore. La sentenza è arrivata a dicembre e con essa è stata individuata una nuova maestra con un incarico annuale fino a giugno. Al terzo anno è ripreso il balletto delle nomine e Andrea si è trovato nuovamente a ricominciare daccapo, un nuovo dialogo educativo con un’altra insegnante. Quest’anno, con l’esordio nella scuola primaria, per il bambino down le cose non sembrano andare meglio: “L’anno scolastico è iniziato e non gli è ancora stato assegnato un sostegno”, spiega – con un po’ di preoccupazione – la madre.

MANCANZA DI CONTINUITÀ DIDATTICA – La politica dei tagli drastici, inaugurata dall’ex ministro Gelmini, e i problemi connessi a un precariato ormai storico nella classe docente incidono sulla continuità didattica di cui gli alunni disabili hanno bisogno. A loro infatti non viene sempre garantita la presenza dello stesso docente di sostegno nell’arco dei vari cicli scolastici. Nell’anno 2009/2010 sono stati tagliati 422 posti di insegnamento sul sostegno, a fronte di un aumento di 5399 studenti certificati con una disabilità. Dato non trascurabile che si somma all’ecatombe operata dai tagli sugli insegnanti curricolari (-40.662 posti nello stesso a.s.). Nel caso delle classi di concorso riguardanti il sostegno l’emorragia è stata impedita non dalla politica ma dalla magistratura, che è intervenuta con la sentenza della Corte costituzionale n. 80/2010. In base a tale provvedimento giurisdizionale, che salvaguarda il diritto all’istruzione dei disabili gravi, decadono le disposizione che prevedono un limite massimo nella determinazione del numero degli insegnanti di sostegno e l’eliminazione della possibilità di assumerli in deroga. Per effetto di tale sentenza dal 2010 si sono avuti 10 mila posti di sostegno in più. Se non fosse intervenuta la Consulta i posti si sarebbero dovuti mantenere congelati a 90.453, a causa delle norme sugli organici, nonostante il costante aumento degli alunni disabili (+26.536 negli ultimi 5 anni). Gli effettivi 10.848 posti in più sono stati creati però in organico di fatto e non di diritto. Si tratta cioè di posti non stabili, che aumentano la quota di precariato su cattedre certe ormai da anni e ciò ha l’effetto di minare le condizioni per impostare una programmazione didattica continuativa con gli alunni disabili. È stato così fino a lunedì 9 settembre 2013 quando il consiglio dei ministri ha approvato la progressiva immissione in organico di diritto di circa 26 mila insegnanti in 3 anni. Tenendo però conto della situazione su cui il provvedimento è intervenuto, non sono in pochi a chiedersi se non si tratti solo di un timido segnale, un punto di partenza insomma, ma ancora insufficiente.

UN PROBLEMA STRUTTURALE – “Il problema dell’organico di diritto al di sotto del fabbisogno è endemico, nel senso che ci sarà almeno da 20 anni” chiarisce Nicola Quirico presidente della Fadis, federazione associazione di docenti per l’integrazione scolastica. “Nel sostegno c’è sempre stata una grossa presenza di docenti precari. Questo – aggiunge – ha effetto sulla continuità didattica. Lo studente disabile può trovare in 3 anni di medie 3 diversi insegnanti di sostegno. Alle superiori non va meglio: la concentrazione degli studenti disabili è soprattutto negli istituti professionali, che oltre alla disabilità raccolgono altre condizioni di difficoltà, come la massiccia presenza di studenti stranieri ancora scarsamente alfabetizzati”.

L’AVVOCATO CHE HA FATTO TREMARE LA GELMINI – La fotografia della scuola scattata da Quirico non si discosta di molto da quella di Livio Neri, il legale milanese di Avvocati per Niente onlus che nel 2011, tutelando 17 alunni disabili, ottenne la condanna del ministero di Mariastella Gelmini per discriminazione nei confronti di studenti con disabilità. “La mia impressione è che da 4 anni il rapporto tra docenti di sostegno e numero di alunni certificati sia andato peggiorando” dichiara Neri. Da allora ho assistito almeno un centinaio di persone nel milanese e per loro c’è stato un progressivo contenimento delle ore. Alla fine solo le famiglie che hanno possibilità economiche fanno ricorso al Tar e riescono così a ottenere che il diritto del figlio sia garantito”.

LA VOCE DEL MIUR – “Il rischio di una sperequazione nei confronti degli alunni disabili, per cui la continuità è particolarmente rilevante, c’è” ammette Paolo Mazzoli, dirigente scolastico e capogabinetto del sottosegretario Marco Rossi Doria, che ha la delega all’integrazione. “Può capitare che si avvicendino professori diversi a fianco agli studenti disabili. Mi sento però di dire che dobbiamo andare fieri del modello italiano, che inserisce questi alunni in classi ‘normali’. In altri Paesi vengono create classi differenziali, che rischiano di diventare un ghetto. Il rapporto poi tra docenti di sostegno e studenti è in media di 1 a 2 e le disparità tra regioni sono molto contenute e poco significative. Il ministro Carrozza – prosegue Mazzoli – è al corrente della situazione e ritiene che serva una riflessione che porti a diminuire, fino ad annullare, questo problema. Lo ha detto chiaramente già nell’audizione del 6 giugno 2013 alle commissioni della Camera e del Senato”.

LE PAROLE DEL MINISTRO – Nel testo citato da Mazzoli emerge la presa di coscienza da parte del ministro di dover far fronte a un problema ineludibile: “La capacità di garantire a tutti e ciascuno gli apprendimenti indispensabili per l’esercizio minimo della cittadinanza deve ancora migliorare, proprio per salvaguardare il principio di inclusione e di solidarietà su cui la nostra scuola si fonda. Per questo il ministero intende procedere nella direzione dello sviluppo della direttiva ministeriale del 27/12/2012 che migliora l’azione a favore del sostegno alle disabilità e fragilità degli studenti a scuola –i  bisogni educativi speciali – implementando la rete territoriale di supporto, la formazione per i docenti e la realizzazione dei piani didattici ed educativi personalizzati”.

RICONOSCERE UN “DISABILE” – “Nulla di nuovo sotto il sole. Siamo alla farsa continua: è il solito balletto delle cifre”. Così un indignato Toni Nocchetti, presidente dell’associazione “Tutti a scuola” di Napoli, commenta la stima del totale degli alunni disabili fatta dal ministero. “In primo luogo – spiega – i disabili sui banchi di scuola sono 18mila in più rispetto al numero comunicato da Roma. Probabilmente i dati del Miur non tengono conto delle regioni a statuto speciale, come Trentino e Valle d’Aosta, poi va detto che ogni anno le aziende sanitarie locali sottopongono a visita gli studenti disabili, quindi può capitare che risulti un periodo finestra, anche di 6 mesi, in cui l’alunno per il sistema sanitario nazionale risulta guarito. Su ciò la politica marcia da anni. Con Tremonti e Gelmini si stabilì che il certificato rilasciato da un neuropsichiatra dell’asl non fosse valido fintantoché una visita all’Inps non avesse confermato la disabilità dello studente. È il gioco delle 3 carte per fare sparire i disabili. Anche il ministro Carrozza è caduta nelle ‘guarigioni miracolose’. Immagino che i funzionari della pubblica amministrazione non le abbiano spiegato il meccanismo, ma il sottosegretario Marco Rossi Doria queste cose le sa benissimo”. 

SUPERARE IL PRECARIATO – Se l’analisi di Nocchetti insiste soprattutto nel criticare una politica che a detta sua non fa vera inclusione, quella dell’avvocato Salvatore Nocera della Fish, federazione italiana per il superamento dell’handicap (che fa parte dell’Osservatorio permanente per l’integrazione scolastica) punta l’attenzione sui quasi 38mila insegnanti di sostegno a cui ogni anno scade il contratto a giugno. “La faccenda dell’organico di diritto è relativa -sostiene Nocera. Il problema autentico è il precariato. Noi della Fish abbiamo avanzato una proposta di legge che presenteremo nel corso del mese di settembre, se il governo reggerà, in cui affronteremo il tema della continuità didattica sotto due aspetti: proporremo che i docenti che lavorano con i disabili, una volta passati di ruolo, abbiano l’obbligo di permanere non 5 ma 10 anni sul sostegno e in secondo luogo chiederemo che le supplenze di sostegno siano della durata di 3 anni e non di uno solo”.

Articolo Precedente

Scuola, tre proposte per rendere equo l’esame di maturità

next
Articolo Successivo

Sostegno, le cifre: 100mila insegnanti, meno della metà degli alunni disabili

next