Invertire la tendenza e agganciare con decisione la ripresa, proseguendo gli sforzi fatti finora, ma senza perdere di vista il “perimetro obbligatorio” del rispetto degli impegni assunti in Europa sulla tenuta dei conti pubblici. E’ ricca l’”Agenda per la crescita” che il governo sta definendo in vista dell’aggiornamento del Documento di economia e finanza, puntando tutto su lavoro e imprese, (anche “alla luce delle proposte congiunte” di sindacati e industria). Che vanno sostenuti in primis con il taglio del cuneo, ma anche sul fronte dell’efficienza della pubblica amministrazione e della razionalizzazione della spesa pubblica, e con le riforme istituzionali, a partire dalla legge elettorale. Ma i conti andranno fatti anche con il debito che intanto “vola” (responsabili soprattutto i 20 miliardi stanziati per pagare i debiti arretrati della Pubblica amministrazione), secondo le prime stime, al 132,2% del Pil e che andrà necessariamente “instradato su una traiettoria stabilmente in discesa”.

Per creare condizioni favorevoli alla crescita la priorità è comunque quella di “ridurre la pressione fiscale” in particolare su “imprese e lavoro (obiettivo da perseguire “con tenacia su un orizzonte di lungo periodo”), si legge nella bozza del Programma nazionale di riforma, una relazione aggiornata in chiave “programmatica”, visto che l’ultimo stilato dal governo Monti non poteva contenere impegni precisi nella fase di transizione verso l’esecutivo guidato da Enrico Letta e si era limitato a una analisi delle misure attuate dai tecnici e a indicazioni di massima su come proseguire con le riforme.

Ma, si sottolinea in più parti nel testo, il “faro” resta quello del rispetto del 3%: anche nell’anno in corso, è quindi il monito, nuove misure si potranno attuare solamente “a saldi invariati”, cioè trovando le adeguate coperture. E per il futuro bisognerà anche tenere conto del fatto che nel tagliare la spesa pubblica ormai si è quasi raschiato il fondo: dopo un triennio di “decisa contrazione”, con una riduzione della spesa primaria dell’1,8%, adesso “le possibilità di operare nuovi risparmi di spesa nel comparto pubblico sono via via limitate” e “spazi di manovra efficaci” si potranno individuare solo attraverso un “rafforzamento” della spending review.

Altro capitolo su cui incidere quello del fisco con l’obiettivo, chiesto anche dall’Europa, di spostare il carico dal lavoro e dal capitale a “consumi, beni immobili e ambiente”. Per farlo si indicano alcune linee di azione, tra cui la revisione dell’ambito di applicazione delle esenzioni e delle aliquote ridotte dell’Iva ma anche delle agevolazioni fiscali dirette, oltre alla riforma del catasto (che dovrebbe arrivare con l’ok del Parlamento alla delega fiscale) che allinei estimi e rendite ai valori di mercato. Un passaggio è dedicato anche all’introduzione della nuova Service Tax che, si precisa, “manterrà la parte di imposizione sull’immobile e in più avrà una componente diretta a tassare i servizi indivisibili e la gestione dei rifiuti”. Il tutto nell’ottica di rivisitazione dell’Imu in chiave di “maggiore equità”.

Tra le priorità trova spazio anche la necessità di riformare un sistema elettorale “dimostratosi inequivocabilmente inefficace e non rappresentativo”. E pur sottolineando che “spetta al Parlamento”, il documento del governo indica nella “possibilità per gli elettori di scegliere i propri rappresentanti dando vita a maggioranze chiare e possibilmente ampie” il “principio guida” per il nuovo sistema di voto. Con l’obiettivo di garantire “governabilità” e quindi quella stabilità che serve per portare il Paese fuori dalla crisi.

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