Altro che piano di salvataggio per la Grecia. I tre memorandum della troika, a cui praticamente secondo tutti gli euroburocrati ne faranno seguito altri, hanno prodotto tagli orizzontali su numerose voci di spesa: con la conseguenza di uno Stato che non ha come far fronte alle esigenze della quotidianità. Si prenda la grande contraddizione rappresentata dal comparto militare dove, mentre fino a un anno fa lo Stato acquistava da Germania e Olanda Leopard, proiettili per carri armati senza contare i costosissimi sottomarini targati Siemens e Thyssen, oggi si registra una drammatica carenze di abbigliamento e calzature per i militari ellenici: la crisi greca insomma detona anche tra le forze dell’ordine.

Nell’estate appena trascorsa secondo alcune fonti interne non sono state date ai militari le infradito e in questa settimana, quando è iniziata l’organizzazione per l’autunno che è alle porte, i responsabili della logistica hanno ammesso che mancano giacche imbottite e maglioni per l’inverno. Con il freddo che si avvicina (si pensi che molte basi militari sono in montagna) i militari non sono nelle condizioni di poter aspettare le decisioni del ministero dello Sviluppo, che attende ovviamente l’ultimo minuto per l’appalto relativo a queste forniture. E non solo per cercare quello al maggior ribasso, ma soprattutto perché lo stesso ministero non ha liquidità per garantire le spese correnti quotidiane, come i servizi ai militari. E dopo che già la troika nella scorsa settimana aveva imposto di liquidare le tre società che si occupano della difesa nazionale e licenziate tutti i dipendenti, bocciando di fatto il piano di Atene per riformare Eas, Elvo e Larco, le tre realtà nazionali di difesa nazionale e di industria militare. 

Un paradosso, l’ennesimo in questa crisi senza fine, se si fa mente locale agli appalti milionari che in questi anni di restrizioni e licenziamenti il ministero della Difesa di Atene ha avallato senza se e senza ma. Nel 2012 un report del Sirpi, istituto che dal 1966 svolge il ruolo di osservatorio mondiale sulla produzione di armi, rivelava come la Grecia fosse stato uno dei Paesi più attivi nell’acquisto di armamenti, nonostante il memorandum della troika fosse già operativo, con tre tagli consecutivi a stipendi, pensioni, identità, con la sanità in ginocchio e le casse dell’erario drammaticamente vuote. Ma da Atene arrivò ugualmente il via libera alla “lista del spesa”: due sottomarini al prezzo di quasi un miliardo e mezzo di euro, duecentoventitrè carri armati Leopard II per 403 milioni acquistati da Berlino, sei fregate e quindici elicotteri francesi al prezzo di quattro miliardi di euro. 

Il tutto mentre da tre mesi si celebra ad Atene il processo per frode fiscale al vero deus ex machina del commercio di armi, l’ex ministro della Difesa socialista Akis Tzogatzopoulos, braccio destro del padre padrone della Grecia Andreas Papandreou, accusato di aver costruito una serie di società off shore in mezzo mondo capaci di creare almeno cento milioni di euro di fondi neri. Tzogatzopoulos, in carcere dallo scorso maggio, sta chiamando in causa l’intera classe dirigente ellenica ma nonostante abbia abbozzato delle timide scuse verso il popolo greco, non ha detto una parola su quei soldi su cui indaga una giudice che da due anni, da quando cioè ha aperto dossier scottanti su tangenti e fondi neri in Grecia, sta da sola inseguendo il tanto agognato cambiamento nel Paese. Quello stesso cambiamento tanto atteso che mercoledì sera gli Scorpions in concerto ad Atene hanno urlato in segno di speranza ad una folla ormai quasi del tutto rassegnata.

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