Quella della scuola elementare di Landiona (Novara) è una storia di ordinaria discriminazione. Una discriminazione strisciante, di cui quasi non ci si accorge. Di fronte al calo demografico la scuola del piccolo comune nelle campagne del Novarese, ha progressivamente ridotto i servizi offerti, fino ad arrivare a formare delle pluriclassi. Una situazione oggettivamente penalizzante per gli alunni, tanto che i genitori, di fronte alla prospettiva di un ulteriore depauperamento didattico hanno scelto di dirottare i bambini verso la scuola di Vicolungo. Stesso istituto comprensivo, altre regole. Mentre i bambini italiani di Landiona sono stati trasferiti senza problemi, quelli (sempre italiani) di etnia sinta, non hanno avuto lo stesso trattamento: per loro, in quanto non residenti, il posto non è stato trovato. Nei paesi in questione nessuno ne fa una questione di razzismo. Non i genitori dei bambini italiani. Non la scuola. Non il sindaco di Vicolungo. Per tutti c’è una buona ragione: “La scuola è piccola”, “se ci fosse la possibilità accoglieremmo tutti”, “la crisi ha ridotto i finanziamenti per l’istruzione” e via di questo passo. Resta il fatto, però, che per gli alunni sinti il posto non si è trovato e per quest’anno loro restano confinati nella scuola di serie b, mentre per il prossimo anno lo spettro è addirittura quello della chiusura. Visti i numeri ridotti, infatti, a settembre 2014 la scuola di Landiona quasi certamente non riaprirà, lasciando i sinti senza istruzione  di Anna Lesnevskaya e Alessandro Madron

Articolo Precedente

Ue, quasi 2 milioni di europei vogliono l’acqua pubblica (e potabile) per tutti

next
Articolo Successivo

Onlus lombarde: niente fondi per i progetti su aziende e famiglia

next