Dopo la nota di Riva Acciaio – che ha annunciato la cessazione immediata dell’attività in sette siti produttivi esterni al perimetro gestionale dell’Ilva e in cui sono impiegate circa 1400 persone -, scatta subito la protesta da parte di sindacati e lavoratori. I primi a insorgere sono i 250 impiegati dello stabilimento di Lesegno (Cuneo), che hanno organizzato per stasera una manifestazione davanti alla fabbrica.

Anche dai sindacati è arrivata immediata condanna per la cessazione dell’attività nei sette siti produttivi. “La scelta di Riva di mettere in libertà più di 1.400 lavoratori e di non pagare loro gli stipendi è un atto di drammatizzazione inaccettabile perché scarica sui dipendenti responsabilità non loro”, afferma Maurizio Landini, leader della Fiom. “Così la situazione non è più gestibile, quindi – sostiene il sindacalista – chiediamo al Governo di convocare con urgenza un tavolo e di dare il via al commissariamento, come previsto dal decreto Ilva, di tutte le società controllate dal Gruppo, comprese Riva Acciai e Riva Fire, al fine di garantire l’occupazione e la continuità produttiva”. Per il segretario nazionale Fim CislMarco Bentivogli, “siamo di fronte a un ennesimo epilogo inaccettabile, come al solito pagano i lavoratori”. “Diffidiamo l’azienda ad avviare la messa libertà dei lavoratori e la invitiamo a ricorrere immediatamente all’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Invitiamo altresì la procura in tempi rapidi a scorporare dal provvedimento di confisca tutto ciò che impedisce la normale prosecuzione dell’attività produttiva e lavorativa. Non accetteremo questa ennesima beffa ai danni dei lavoratori che non hanno nessuna responsabilità”, conclude Bentivogli.

La Lombardia risulta la regione più colpita dalle chiusure degli stabilimenti Riva in termini di ricadute occupazionali. Perciò il governatore Roberto Maroni si dice preoccupato: “Chiederò un colloquio con urgenza ai vertici aziendali del Gruppo e un incontro con il ministro delle Attività Produttive, per capire come intende muoversi il Governo di fronte a una situazione così grave”. La mossa dei Riva viene stigmatizzata anche dal segretario del Pd Guglielmo Epifani: “Una decisione grave che finisce per far ricadere gli effetti sui lavoratori, spero intervenga il governo per richiamare l’azienda a comportamenti più attenti e arginare questa situazione”. Anche Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, rincara la dose: “Visto che – di fronte ad un sequestro legittimo – i Riva annunciano l’ennesima rappresaglia, la stessa minaccia fatta a Taranto un anno fa, ribadiamo la necessità che lo Stato proceda all’esproprio di tutte le aziende e le proprietà dei Riva, non solo Ilva spa, per garantire la piena occupazione e la continuazione delle produzioni, senza ricatti“.

Di segno opposto, invece, l’opinione di Flavio Tosi, sindaco di Verona, una delle città interessate dalla cessazione dell’attività: “Esprimo vicinanza all’Azienda, al management e ai dipendenti”. Il sequestro – scrive il primo cittadino leghista – “dà l’idea di un Paese ridicolo: non mi sembra ispirato al buon senso un provvedimento che causa all’azienda e a migliaia di suoi dipendenti un danno enorme, che potrebbe diventare irreparabile. Saremo a fianco dell’Azienda e dei suoi dipendenti per la salvaguardia dell’occupazione”. Anche per il presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, “il drammatico provvedimento preso oggi rappresenta l’esito annunciato di un accanimento giudiziario senza precedenti”. Più cauto il numero uno di Confindustria Giorgio Squinzi: “Millecinquecento posti che si perdono nel Paese sono un altro colpo drammatico per 1.500 famiglie. La chiusura delle acciaierie Riva è un problema serio su cui ragionare: ci vuole un po’ di buon senso per discutere e trovare soluzioni in maniera equilibrata”. 

Tosi e Federacciai danno dunque ragione all’azienda. Nel comunicato, il Gruppo Riva spiegava che “la decisione si è resa purtroppo necessaria poiché il provvedimento di sequestro preventivo penale del Gip di Taranto, in base al quale vengono sottratti a Riva Acciaio i cespiti aziendali, tra cui gli stabilimenti produttivi, e vengono sequestrati i saldi attivi di conto corrente e si attua di conseguenza il blocco delle attività bancarie, impedendo il normale ciclo di pagamenti aziendali, fa sì che non esistano più le condizioni operative ed economiche per la prosecuzione della normale attività”.

“Riva Acciaio – prosegue la nota – impugnerà naturalmente nelle sedi competenti il provvedimento di sequestro, già attuato nei confronti della controllante Riva Forni Elettrici e inopinatamente esteso al patrimoniodell’azienda – conclude l’azienda -, in lesione della sua autonomia giuridica, ma nel frattempo deve procedere alla sospensione delle attività e alla messa in sicurezza degli impianti cui seguirà, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, la sospensione delle prestazioni lavorative del personale (circa 1.400 unità), a esclusione degli addetti alla messa in sicurezza, conservazione e guardiani degli stabilimenti e dei beni aziendali”.

Se non ci saranno novità, verranno lasciati in libertà circa 1400 dipendenti di sette siti produttivi che il gruppo Riva possiede in tutta Italia. Le aziende interessate, nel dettaglio, sono gli stabilimenti di Verona, Caronno Pertusella (Varese), Lesegno (Cuneo), Malegno, Sellero, Cerveno (Brescia) e Annone Brianza (Lecco); nel capoluogo ionico l’unica società è Taranto Energia, che conta 114 dipendenti. L’azienda ha già convocato per domani i sindacati di categoria, pare prospettando problemi per il pagamento degli stipendi. 

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