A Bologna, di aree comunali assegnate ai cittadini perché siano coltivate, ce ne sono una ventina che, in totale, rappresentano circa 2700 orti. Sono distribuite un po’ ovunque, intorno al centro storico, dal quartiere Navile a San Vitale, da Porto alle rive del Savena. Per accedervi la procedura è semplice, da inoltrare online o nella sede del quartiere di residenza. E se finora quest’attività di piccola agricoltura ha rappresentato più o meno un passatempo, un sistema per integrare le spese al supermercato, da qualche mese ha fatto assumere una nuova conformazione a 3 ettari di terreno a Borgo Panigale, in via Olmetola, dove, oltre la ferrovia e la cintura della tangenziale, ormai la campagna è aperta. È accaduto con la creazione di una cooperativa battezzata Arvaia, che significa “pisello” in dialetto bolognese, termine che è divenuto anche il logo di una nuova realtà in grado di aggregare intorno a sé 100 soci “fruitori” e 3 lavoratori a tempi pieno.

L’idea di partenza è quella che va oltre i Gas, i gruppi di acquisto solidale, esperienza ormai consolidata che ha visto cittadini mettersi insieme per acquistare frutta e verdura da produttori del luogo superando soprattutto la grande distribuzione. Nel caso di Arvaia, invece, non ci si limita più a rivolgersi al contadino della zona e ordinare quanto serve per il proprio fabbisogno familiare. Si produce direttamente e poi si distribuisce tra i soci fruitori, che per entrare nella cooperativa pagano 100 euro ricevendone in cambio una cassetta settimanale del valore di circa 8 euro. A spiegarne i principi è Alberto Veronesi, il presidente di Arvaia, che parte categorico: “Qui ci si richiama ai fondamenti dell’agricoltura biologica: niente pesticidi né anticrittogamici. E poi, altrettanto importante, tutto quello che distribuiamo è di stagione. I pomodori ci sono d’estate e non in altri periodi”.

Con la nascita e lo sviluppo di Arvaia, la città di Bologna si guadagna il suo record in materia dato che esperienze del genere si registrano in altri paesi dell’Unione europea, ma non in Italia, non in questa forma. Certo, non tutti possono con costanza dedicarsi agli orti di via Olmetola, e allora la struttura della cooperativa è stata studiata ad hoc. A fronte dei fruitori, coloro che ricevono ogni settimana le cassette con frutta e verdura, solo una minima parte ci lavora a tempo pieno. Ma se al momento Arvaia dà impiego a 3 persone, come ogni azienda che si rispetti ci sono i piani di sviluppo. Piani che, per l’inizio del 2014, prevedono di portare i soci lavoratori a 5 ed entro l’anno giungere a quota 10. E poi i soci fruitori non si limitano a ricevere i prodotti della terra. Devono offrire anche un aiuto quando possono, in base alle proprie esigenze familiari e professionali.

Così capita che, in determinati periodi, come quello dei trapianti autunnali o primaverili, ci si coordini attraverso una mailing list e un sistema gestionale. Chi può fare cosa in quel determinato momento? I fruitori valutano e si propongono. Oppure si ritagliano un altro ruolo, quello delle consegne. Perché non tutti possono andare sempre a Borgo Panigale a ritirare la propria cassetta. E allora, soprattutto tra chi vive in centro, si fanno dei turni e poi ci fa il giro della propria zona, consegnando cetrioli o zucchine, insalata o asparagi, a seconda di quanto viene prodotto in quello specifico momento.

Si aggiunge che, se i lavoratori di via Olmetola sono destinati ad aumentare, lo sono anche gli ettari messi a coltura. “La nostra idea”, spiega ancora Alberto Veronesi, “è quella di proporci per il bando Parco città campagna di villa Bernaroli”. È quello in base al quale l’amministrazione comunale assegnerà aree rurali, talvolta con edifici annessi, perché siano riqualificate e rilanciate. “Se dovessimo risultare tra i vincitori del bando”, aggiunge il presidente di Arvaia, “allora potremo occuparci di una porzione di terreno molto più ampia, fino a 40 ettari. E questo ci consentirebbe di soddisfare anche un fabbisogno più ampio di quello attuale”.

Intanto, in attesa delle nuove graduatorie, la cooperativa bolognese continua il suo lavoro, inserita in una zona che già nel sociale ha trovato la propria fisionomia. “Qui, infatti”, dice Veronesi, “ci sono diverse strutture, come un centro anziani, una struttura che segue persone con disagio psichico e un’altra cooperativa, la Baobab, che si occupa di inserimento lavorativo”. Inoltre c’è l’attività culturale e di istruzione che Arvaia già porta avanti dalle scuole elementari fin all’università passando per istituti agrari con cui attuare tirocini formativi e progetti di ricerca. “Ci ispiriamo a quello che accade in altre nazioni più avanti di noi rispetto ai concetti dell’agricoltura sostenibile”, conclude il presidente della cooperativa. “Una città come Bologna merita di rilanciare il suo potenziale nel settore agricolo, potenziale che finora non è mai stato espresso fino in fondo”.

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