Mi sono davvero commosso assistendo, qualche giorno fa, all’abbraccio fra Papa Francesco ed Evo Morales. Due persone che danno ancora un senso all’idea di speranza in questo mondo sprofondato nell’iniquità e  sull’orlo dell’abisso. Due figure peraltro così differenti per storia ed origini ma anche in certo senso complementari tra di loro.

Il primo ha il grande merito di rilanciare il messaggio francescano nell’attuale contesto mondiale. Un messaggio fatto di solidarietà concreta, uguaglianza, pacifismo operante e non ipocrita, confermato dai suoi recenti messaggi contro la guerra in Siria e i mercanti di armamenti. Ha assunto le redini della Santa Sede in uno dei peggiori momenti della sua storia, date le collusioni con i peggiori aspetti del sistema, vedasi Ior e simili. Sta ora operando fattivamente per fare pulizia e recuperare il senso del messaggio evangelico. Come affermato mesi fa da Monica Pepe, c’è molto da imparare dal suo approccio umile ma dolcemente intransigente sulle questioni fondamentali.

Il secondo, primo presidente indigeno della storia dell’umanità, rappresenta in modo esemplare la nuova primavera latinoamericana animata da leader come il compianto comandante Chavez, Correa, Lula e Cristina Fernandes. La piccola Bolivia, grazie ad Evo al grande movimento che lo ha portato al potere e continua a sostenerlo, sta svolgendo un’opera di grande rilevanza sia sul piano interno che su quello internazionale; in particolare, per quanto riguarda il secondo, su questioni come il cambio climatico, ma anche le migrazioni e per l’appunto la pace. Ne parliamo, in un libro che uscirà fra poco, con Irene Romualdi, Marianna Stori e il rappresentante boliviano alla Conferenza sul clima René Orellana. Alle radici della sua affermazione un grande movimento popolare che ha raggiunto il suo apice con la cosiddetta “guerra dell’acqua”, un evento insurrezionale che ha consentito al popolo boliviano di esprimere la sua rabbia per le privatizzazioni di una risorsa essenziale come l’acqua e ha portato alla cacciata del precedente corrotto governo.

Due leader certamente diversi fra loro ma accomunati dal riferimento alla spiritualità, di matrice cattolica o indigena, che può diventare rivoluzionaria nel presente contesto mondiale dominato da finanza, neoliberismo, devastazioni ambientali e tendenze alla guerra, a condizione di non restare un fatto limitato al “foro interiore” ma di  sapersi tradurre in azioni di resistenza.

E’  soprattutto su Francesco che si concentrano oggi l’attenzione e le speranze dell’umanità di fronte al rischio di un conflitto dagli effetti potenzialmente incontrollabili. Come ha notato un commentatore acuto come Vittorio Zucconi, egli rappresenta l’unico leader fra una moltitudine di potenti. Potenti ma ciechi, dotati, come Obama, di un potenziale distruttivo senza precedenti nella storia, ma privi di qualsiasi intelligenza strategica. Costretti come da un riflesso condizionato pavloviano a brandire il bastone dell’intervento militare ma senza avere alcuna visione del futuro degna di questo nome. Pura cosmesi su di un corpo oramai putrescente come quello dell’imperialismo americano, mera illusione di rinnovamento, come drammaticamente dimostrato proprio dalle scelte imminenti sulla guerra in Siria.

Del resto oggi Obama è isolato. Con lui solo Stati autoritari  (Arabia Saudita. Qatar, Turchia), razzisti (Israele), vecchi colonialisti che perdono il pelo ma non il vizio (Francia), qualche altro servitore, magari a mezzo servizio. Tutto il resto del mondo è fortemente contrario. Così come lo sono anche la maggior parte degli statunitensi, stufi di dover pagare la propria parte del conto a una classe dirigente oramai screditata e guidata da servizi di intelligence inadeguati e fossilizzati in schemi di pensiero oramai superati. Non è più tempo di superpotenze e sarebbe ora che anche gli Stati Uniti ne prendessero atto.

Colpisce peraltro la forte discrasia esistente tra tale diffusa contrarietà alla guerra e le voci in qualche modo riferibili al mondo della politica o anche degli intellettuali, sia pure con qualche preziosa eccezione, come l’appello che ha per primi firmatari Rodotà e Landini. Un motivo in più per stringersi attorno a Papa Francesco, condannando e boicottando la guerra. Prima di tutto la pace, anche se, come sappiamo, e come sa anche Papa Bergoglio, la pace senza giustizia è pura illusione e un mondo dominato da mafie e finanza scivola fatalmente verso la guerra e l’autodistruzione. Occorre operare con fermezza affinché la comunità internazionale ponga fine al sanguinoso e disumano conflitto siriano, imponendo alle parti in causa il negoziato e la soluzione pacifica, nonché il rispetto del diritto internazionale umanitario in tutti i suoi aspetti.

La portata dell’esempio dei due leader menzionati nel titolo va peraltro ancora più al di là di queste pur fondamentali questioni, disegnando un nuovo futuro dell’umanità che sia profondamente alternativo all’attuale iniquo sistema. Evo e Francesco, ma anche altri  fenomeni, come il Movimento Cinque Stelle, ci dimostrano quindi che occorre oggi ridefinire a fondo l’idea della sinistra. Se non altro per evitare di essere disastrosamente confusi con D’Alema, Enrico Letta o Matteo Renzi.

 

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