L’avevano rapita. No, la stavano proteggendo. Per il suo bene. La vicenda di ‘Anoud al-Senussi, 20 anni, figlia dell’ex capo dei servizi segreti Abdallah al-Senussi, descrive molto bene la situazione di caos in cui versa la Libia, a due anni dalla fine dell’era Gheddafi. 

‘Anoud al-Senussi era rientrata in Libia dall’Algeria, il 4 ottobre 2012, per visitare il padre in carcere da un mese. Era stata arrestata e condannata a 10 mesi, come previsto dall’articolo 350 del codice penale, per ingresso nel Paese sotto falso nome. 

Alla fine della condanna, per la ragazza sono iniziati altri problemi. Un primo tentativo di rimetterla in libertà, l’8 agosto, è stato rinviato per motivi di sicurezza. Un secondo, il 26 agosto, è stato sospeso perché nel frattempo nella prigione di al-Baraka centinaia di detenuti in attesa di giudizio avevano dato vita a una rivolta.

Il 2 settembre, terzo tentativo. Nelle prime ore del pomeriggio, i cancelli della prigione si aprono e ‘Anoud al-Senussi, scortata da tre auto della polizia giudiziaria, viene accompagnata all’aeroporto internazionale di Tripoli.

Alle 17, l’imboscata. Il piccolo convoglio viene fermato da un gruppo di uomini armati. Alcuni tengono a bada i poliziotti sparando ripetutamente colpi in aria. Altri sequestrano ‘Anoud al-Senussi.

Il ministro della Giustizia, Salah al-Marghani, convoca i giornalisti e lancia un appello a tutti i libici, soprattutto ai “rivoluzionari”, affinché collaborino a rintracciare la ragazza.

Due giorni dopo, il deputato Abdul Hadi Ahmed Ashrief rivela che ‘Anoud al-Senussi non è stata affatto rapita. O meglio, stava per essere rapita da un non meglio precisato gruppo. Ma sono intervenuti uomini alle dipendenze del Consiglio supremo della sicurezza, il quale dipende a sua volta dal ministero dell’Interno, che l’hanno portata in un “luogo assai sicuro” di Tripoli, dove si troverebbe insieme a due zie e a una sorella. Un post sul profilo Facebook della Prima unità di rinforzo speciale conferma di averla presa in consegna prima che la rapisse un gruppo rivale…

Il deputato Ashrief aggiunge che la ragazza sta benissimo ed è contenta e che l’ha incontrata personalmente (sempre su Facebook circola una foto del presunto incontro avvenuto nel “luogo assai sicuro”). Il messaggio è dunque tranquillizzante, soprattutto per la tribù Magarha, cui appartiene ‘Anud al-Senussi, che ha minacciato di interrompere il flusso di un fiume per impedire all’acqua di accedere a una regione della Libia occidentale. I Magarha avevano manifestato l’intenzione di andare direttamente loro a prendere ‘Anod al-Senussi, ma la richiesta era stata rifiutata dalle autorità…

La sera di venerdì, infine, la “liberazione”.

La Polizia giudiziaria (così come altre istituzioni del paese) è uscita fortemente indebolita dal conflitto armato del 2011, tanto che il ministero della Giustizia è stato costretto a integrarvi circa 10.000 uomini delle brigate armate che combatterono contro Gheddafi, privi di formazione ma pieni di vendetta.

Intanto, il 19 settembre è previsto l’inizio del processo contro Abdullah al-Senussi e Saif al Islam Gheddafi. Ne riparleremo.

 

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