Il giornalista de La Stampa Domenico Quirico è stato liberato. Rapito lo scorso 9 aprile mentre si trovava in Siria, è atterrato all’aeroporto di Ciampino a Roma dopo la mezzanotte del nove settembre. “Chiedo scusa”, ha detto nella prima telefonata al direttore Mario Calabresi, “per avervi fatto preoccupare ma questo è il mio giornalismo. E’ stata una terribile esperienza, cinque mesi sono lunghi ma ce l’ho fatta. Mi sembra di essere stato su Marte, adesso sono tornato sulla terra e ho appreso alcune notizie di come si e’ evoluto il mondo. Chiedo scusa ma tu – ha detto ancora Quirico a Calabresi – sai qual e’ la mia idea di giornalismo, di andare dove la gente soffre e ogni tanto tocca soffrire come loro”.

Emozionato il direttore de La Stampa Mario Calabresi: “Erano esattamente cinque mesi che aspettavamo questa notizia. Ho ricevuto una commovente telefonata di Emma Bonino”. A inizio agosto un cauto ottimismo delle autorità italiane aveva fatto sperare che il giornalista potesse tornare in Italia nelle settimane successive.  “Crederci – scrive Calabresi – significa non lasciarsi sprofondare nello sconforto e non perdere la testa. Giulietta (la moglie di Quirico, ndr) e le figlie sono state capaci di farlo, anche con un velo di ironia, tanto che per scaramanzia non avevano voluto tagliare l’erba del prato di fronte a casa: era un lavoro del papa’ e spettava a lui tornare a farlo. Adesso Domenico – conclude Calabresi – potra’ raccontarci questa lunga storia, ma prima di tutto dovrà tagliare l’erba”.

“Ci sarà tempo e modo per informarne la pubblica opinione”, ha commentato il ministro degli esteri Emma Bonino intervistata dal quotidiano di Torino, “e ricostruire le fasi del sequestro, quello che di certo ha agevolato e ci ha premiato è stata una cosa semplice e difficilissima: il riserbo. Ha premiato la tenuta della famiglia e del giornale, la costanza nel mantenere un profilo basso, non cogliendo mai il benchè minimo accenno di polemica. Ha premiato la tenuta nel seguire le nostre indicazioni per il riserbo. E naturalmente ha premiato la cocciutaggine operosa di tutta la Farnesina. Sono state settimane e mesi di grande preoccupazione – ammette Bonino. – I contatti accesi hanno avuto un periodo di mancata comunicazione, e naturalmente la preoccupazione di tutti cresceva”. Ancora nessuna certezza invece sulla situazione di padre Dall’Oglio, gesuita scomparso in Siria a luglio. ”Per Quirico abbiamo sempre avuto elementi di speranza – spiega Bonino, – perchè come dicevo prima i contatti si accendevano e si spegnevano, ma andavano solidificandosi, e alla fine si sono dimostrati solidi. Per padre Dall’Oglio al momento i contatti sono minori, e purtroppo anche meno solidificati”.

Subito dopo la notizia della liberazione, sono arrivati anche i messaggi di soddisfazione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e del primo ministro Enrico Letta. “Non abbiamo mai perso la speranza”, ha aggiunto il premier. La Camera dei deputati ha aperto i lavori con applauso e le parole di solidarietà della presidente Laura Boldrini.

Chi è Domenico Quirico
62 anni, inviato di guerra, è da molto tempo in prima linea nei paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, di cui è un grosso conoscitore e a cui nel 2011 ha dedicato un libro: “Primavera araba“. Nell’agosto 2011 nel tentativo di arrivare a Tripoli, durante la rivolta anti-Gheddafi in Libia, fu rapito insieme con due colleghi del Corriere della Sera e uno di Avvenire. Durante il sequestro fu ucciso il loro autista, i reporter sono stati liberati solo due giorni dopo.

Quirico ha seguito tutte le vicende africane degli ultimi vent’anni, dal Ruanda al Congo, alla Somalia. Negli ultimi anni si è dedicato alla guerra in Mali, è stato in Somalia e ora era la quarta volta che si trovava in Siria.

E’ “uno di quei giornalisti – si legge sul sito del suo giornale – per cui ha ancora senso consumare le scarpe per andare alla ricerca non solo di una notizia, ma di qualcosa da raccontare ai lettori di oggi e alle generazioni future, con una promessa: parlare solo di ciò che conosce e ha visto con i propri occhi”.

Il rapimento
L’inviato de La Stampa Domenico Quirico era sparito lo scorso 9 aprile in un vero e proprio “buco nero” della Siria in guerra. Con una lunga esperienza in teatri di guerra e scenari ad altissimo rischio, sembrava esser stato risucchiato nella regione tra Homs e Damasco.

L’ultimo contatto con lui si è avuto il 6 giugno, quando è riuscito a chiamare per pochi istanti la moglie dopo 58 giorni di silenzio in cui si era temuto il peggio. Quirico aveva probabilmente telefonato da Qusayr, cittadina roccaforte dell’insurrezione a ridosso del confine libanese e a sud-ovest di Homs, successivamente espugnata dalle forze del regime del presidente Bashar al Assad. Le informazioni rese note da La Stampa dalla fine di aprile si erano limitate a dire che Quirico era entrato in Siria all’inizio di quel mese dalla frontiera libanese. Altre fonti ben informate avevano in seguito affermato che il giornalista italiano aveva passato il confine con lo storico e arabista belga Pierre Piccinin, anch’egli liberato. Piccinin in passato aveva già accompagnato Quirico nel nord della Siria e risultava anch’egli scomparso dall’inizio di aprile.

Quirico non era entrato con visto concesso dal regime di Damasco, ma era dovuto passare tramite i valichi informali tra i due Paesi, controllati da contrabbandieri ma ormai anche da milizie non sempre organiche col variegato fronte dei ribelli locali che lottano contro il presidente Bashar al Assad.

Dopo alcuni giorni di attesa, il primo allarme era stato lanciato lunedì 15 aprile quando era stata allertata l’unità di crisi della Farnesina, che ha subito iniziato le ricerche. Il 18 maggio era intervenuto sulla scomparsa anche il presidente siriano che, in un’intervista al quotidiano argentino Clarìn, aveva fatto sapere di non avere informazioni su Quirico. Il primo giugno le figlie del giornalista, Eleonora e Metella, avevano pubblicato un videomessaggio per chiedere notizie sul padre. Un appello alla liberazione era arrivato anche da Papa Francesco, che il 2 giugno ha chiesto la liberazione di tutti gli ostaggi presi in territorio siriano.

 

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