Tolleranza anche per il consumo di (alcune) droghe sintetiche in Olanda? La questione torna d’attualità nei Paesi Bassi e a (ri)lanciare la proposta non è la sinistra libertaria o un movimento di “clubbers” duri e puri ma il Partito delle Libertà (VVD), la destra liberale olandese del premier in carica Mark Rutte.

Basta con discoteche e festival militarizzati (gli addetti alla sicurezza, sono infatti autorizzati a effettuare perquisizioni alla ricerca di droghe ed armi) e basta con la presenza di cani antidroga: la gente va (paga per andare) a ballare per divertirsi e misure tanto draconiane, finiscono per rovinare il clima di festa, senza produrre – e qui sta l’argomento più solido- alcun risultato di rilievo.

In particolare cocaina e “party drugs” (MDMA), sono ormai consumate in maniera più o meno regolare da decine di migliaia di olandesi e la domanda, se non sia, a questo punto, opportuno ripensare politiche che non hanno prodotto alcun risultato, emerge non più solo dagli ambienti più “progressisti” e libertari del paese. No, questa volta i portabandiera sono i liberal-conservatori del VVD, il partito che lo scorso anno ha voluto introdurre a tutti i costi il “Wietpas“, la contestata misura che impedisce ai non residenti di accedere ai coffeeshop.

Può sembrare una contraddizione in termini (“droghe leggere no” ma tolleranza per l’uso di “droghe pesanti”) ma in realtà non lo è: nell’intenzione del VVD, la misura del wietpas, infatti, non mirava a chiudere i coffee-shop ma piuttosto ad introdurre una sorta di “protezionismo“, volto a limitare le pesanti (ed ipocrite) pressioni dell’Europa sulla questione: se migliaia di belgi e tedeschi (per parlare solo dei frontalieri), varcano il confine diverse volte a settimana per fare rifornimento di cannabis, perchè gli stessi non fanno pressioni presso i rispettivi governi affinchè “anche a casa loro” si aprano i coffee-shop? Premesse non prive di logica, finite però nel calderone della speculazione politica e dei personalismi.

Come è noto, per la legge olandese sugli stupefacenti, la vendita ed il possesso di piccoli quantitativi di cannabis sono tollerati dal 1976 presso i coffee-shop. Per ciò che riguarda le droghe pesanti, per anni è stata adottata una politica di sostanziale tolleranza per il consumo di “party drugs” conclusa nel 2008 con una stretta anche sul consumo.

Il risultato è stato: festival militarizzati, buttafuori a caccia di consumatori, perquisizioni degne dell’antiterrorismo, cani antidroga. Misure ritenute da molti eccessive, costose e fuoriluogo a fronte dei modesti risultati ottenuti e del mercato (illegale) del piacere sintetico sempre più ampio e florido. E allora, dopo l’apertura da parte della formazione giovanile del VVD di Amsterdam, che quest’estate ipotizzava che agli “smart shop” (i negozi autorizzati alla vendita di droghe naturali, tra le quali i “magic truffles”, i tartufi allucinogeni che hanno rimpiazzato sul mercato i celebri “magic mushrooms”, messi al bando nel 2008) venisse concessa la possibilità di iniziare la vendita tollerata di “party drugs”, ora arriva la mozione a firma di Daniel Van der Ree, capogruppo del VVD presso il consiglio comunale della capitale, dove sostanzialmente si chiede al sindaco di rilassare i controlli e focalizzarsi sull’informazione, lasciando da parte la repressione contro i consumatori.

Dopo la cannabis, vendita libera anche per alcune droghe sintetiche? E’ presto per dirlo ma il dibattito è aperto.

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