Una catena umana sullo sfondo della Torre Eiffel.

Circa 300 persone si sono ritrovate due giorni fa a Parigi, nei giardini di Campo di Marte, per formare la cosiddetta «via catalana». Una “linea” disegnata dai manifestanti uniti dal giallo delle T-shirt indossate e dai colori accesi della “estelada”, la bandiera indipendentista catalana.

Parigi come Budapest, Londra, e New York: i catalani riuniti nell’associazione «Assemblea Nacional Catalana», costituita solo pochi mesi fa, gridano al mondo la loro voglia di indipendenza.

È questo un mese propizio per il “catalanismo”. Il Día de Cataluña, meglio noto come la Diada, la festa che commemora la caduta di Barcellona del 1714 per mano dei Borboni, cade l’11 settembre di ogni anno. Dopo decenni di celebrazioni in sordina, più di un milione di persone lo scorso anno si sono riversate nelle strade di Barcellona per rivendicare identità e affrancazione da Madrid.

Da allora la questione è diventata seria. Il 27 settembre del 2012 il Parlamento catalano ha indetto un referendum sull’autodeterminazione, dovrebbe tenersi nel 2014 secondo il Patto per la libertà, l’accordo politico ratificato dal partito indipendentista Convergencia i Union del leader Artur Mas, presidente della regione autonoma, e la Esquerra Republicana, il partito della sinistra socialdemocratica.           

L’ondata nazionalista potrebbe portare alla disgregazione dello stato spagnolo, gli ultimi sondaggi vedono i fautori dell’autodeterminazione al 54,7%, un dato rilevante che si percepisce quando si cammina per le strade di Barcellona o di altre località catalane.

I balconi dei condomini rappresentano il termometro della rinnovata “febbre nazionalista”, dalle ringhiere sventolano, a decine, le bandiere catalane.

Così quei drappi giallo, rosso e blu potrebbero segnare il nuovo percorso della via catalana verso l’indipendenza.

 

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