Sono circa 20mila i profughi siriani arrivati in Europa dall’inizio del 2013. Nulla rispetto agli 1,3 milioni che hanno raggiunto la Giordania o il milione entrato in Libano. Eppure il sistema d’accoglienza è già al collasso, in tutto il continente. Il motivo? “Non ci sono posti a sufficienza nei centri d’accoglienza”, sostiene la portavoce dell’Unhcr (l’Alto commissariato Onu per i rifugiati) dell’Europa centrale Ariane Rummery. E nessuno può prevedere che numeri avrà l’ondata di profughi da Damasco nei prossimi mesi.

In Italia, il Cara (Centro accoglienza richiedenti asilo) di Mineo, in provincia di Catania, invece che 1.800 migranti ne trattiene 3.500. L’Anci ieri ha lanciato l’allarme per la tenuta dei Comuni: non sono strutture in grado di reggere una nuova emergenza profughi. Il ministro Delrio corre ai ripari promettendo “in tempi brevi” un bando per assegnare 16mila nuovi posti per lo Sprar, il Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati. Ma il tempo stringe, soprattutto se si avvicina un intervento militare americano a Damasco.

Attraverso la rotta del Mediterraneo centrale, che conduce fino alle coste siciliane e maltesi, tra luglio e agosto sono sbarcati 7.500 disperati, spiega Izabella Cooper, portavoce dell’agenzia europea per il controllo delle frontiere Frontex. “Dall’inizio del 2013, i profughi verso l’Italia e Malta sono stati 20mila, un aumento del 180% rispetto allo scorso anno. Di questi 1.300 sono siriani“, spiega.

L’altra porta d’accesso tradizionale alla “fortezza Europa” è la Grecia. Il ministro della Difesa Dimitris Avranpopulos, riporta il quotidiano di Atene Ekhatimerini,  ha incontrato ufficiali e ministri per un vertice d’emergenza sulla questione profughi siriani. Atene ha preparato un piano d’azione, Ioni, già abbozzato all’inizio dell’anno, che prevede un rafforzamento delle frontiere sia terrestri che marine, per evitare ingressi di immigrati irregolari. Sul fiume Evros, confine caldo tra Grecia e Turchia, Ioni ha già dato i primi frutti. Secondo le analisi di Frontex gli ingressi sono diminuiti del 98%.

E così la marea umana in fuga dal Medio Oriente in fiamme, dall’inizio 2013 ha solcato una nuova rotta, che dalla Turchia passa per la Bulgaria, poi risale lungo i Balcani fino ad approdare in Ungheria. Portando i profughi in Paesi incapaci di accoglierli. Tra Turchia è Bulgaria sono passate 3mila persone, otto volte il flusso dello scorso anno. Destinazione: Budapest. In tutto sono 14mila i migranti entrati illegalmente in Ungheria dal confine con la Serbia, il triplo rispetto ad un anno fa. Nei primi mesi dell’anno erano kossovari, ora ci sono anche pakistani, afghani e siriani. Colpa di politiche migratorie troppo morbide, secondo Budapest. Il governo nazionalista di Viktor Orbàn nel 2012 aveva infatti eliminato la detenzione obbligatoria (sulla carta 15 giorni, nella pratica oltre i sei mesi, denunciano le ong) per i richiedenti asilo. Con l’ondata di arrivi, l’esecutivo ha fatto retromarcia: “Pensano di usarla come deterrente, ma è inutile”, commenta Ariane Rummery, portavoce dell’Unhcr. Secondo le stime dell’agenzia Onu, circa il 15% dei richiedenti arrivati in Ungheria si trova ora in carcere: “Stiamo ancora cercando di capire quali sono i criteri esatti con cui decidono chi incarcerare, ma almeno questa misura è usata meno di quanto accadeva prima”.

Anche Bulgaria e Romania hanno accolto circa il doppio dei migranti rispetto allo scorso anno. A Sofia da gennaio a giugno gli ingressi dei siriani sono stati 721, contro i 436 dell’anno prima. A Bucarest si è passati dai 256 del 2012 ai 476 dei primi sei mesi del 2013. Abbastanza per mettere sotto pressione i sistemi d’accoglienza di entrambi i Paesi: “Qui sono tutti già pieni – continua Rummery – La loro disponibilità è troppo ridotta”, continua Rummery. E il rischio, con questi numeri, è che in tutta Europa si scelga di concedere l’asilo solo a seconda della nazionalità. Ignorando i diritti dei migranti.

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