Togliamo il crocefisso dalle aule delle scuole. La proposta non arriva dall’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti e tanto meno da qualche papà di religione musulmana ma da don Roberto Maccioni, parroco a San Vito in Sardegna. Il giovane prete, particolarmente seguito dai suoi parrocchiani e non solo su Facebook, ha lanciato la proposta, decisamente provocatoria, dal suo profilo nei giorni scorsi: “Crocefisso nelle aule? Sapete cosa penso in realtà da professore e da prete? Sarebbe meglio toglierlo (almeno dalle scuole medie e superiori) per due motivi: gli risparmieremmo di sentire bestemmie e di ricevere gli oltraggi da parte degli alunni e gli risparmieremmo di sentire fesserie e propagande bizzarre da parte dei docenti. Tutto il resto è ideologia”.

Immediata la reazione dei fedeli e di qualche altro sacerdote che ha preso le distanze da don Roberto. Chissà che ne penseranno in Vaticano della proposta del religioso sardo ma è chiaro che se anche un prete sente la necessità di riaprire un dibattito sulla presenza nelle aule della scuola pubblica italiana della croce, forse vale la pena fermarsi a riflettere, nonostante la sentenza di secondo grado della Corte europea dei diritti dell’uomo abbia assolto l’Italia dalla condanna emessa nel 2009 per danni morali dopo la battaglia della finlandese Soile Tuulikki Lautsi per far togliere la croce dalle classi della scuola media di Abano Terme.

La legislazione attualmente valida che prescrive la presenza dei crocefissi nelle scuole risale all’epoca monarchica e fascista tant’è che il Consiglio di Stato nel 1988 e anche più tardi nel 2006 ribadisce in un parere a seguito del ricorso dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti, che il regio decreto del 1924 e quello del 1928 sono ancora in vigore. A poco serve che la Costituzione il primo gennaio del 1948 prevede che lo Stato italiano e la Chiesa cattolica sono ciascuno nel proprio ordine, sovrani e indipendenti.

Dai primi del secolo scorso il crocefisso fa bella vista nelle nostre aule.

Il bello è che ben pochi si accorgono della sua presenza. Quando andavo a scuola io nel 1980, la maestra Teresa era solita farci iniziare la giornata con un Padre Nostro, l’Ave Maria e l’Eterno riposo per i nostri defunti davanti a quel crocefisso di legno che aveva un significato. Non era dimenticato. Non era un complemento d’arredo scolastico ma assumeva un’importanza. Oggi le preghiere (per fortuna) non si fanno più in classe ma la croce resta. E intanto sono arrivati nelle nostre aule Fatima che prega Allah; Amita che a casa sua non ha il crocefisso ma Ganesh. Forse varrebbe la pena pensare a delle classi dove oltre al crocifisso possa trovare spazio anche una sura del Corano o una preghiera indiana così che anche Allah e Ganesh possano ascoltare fesserie e bestemmie?

Certo è che don Roberto ha centrato l’obiettivo: pensare al significato di una croce appesa al muro di un’aula.

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