Nella “guerra” tra diplomazie sul possibile intervento occidentale in Siria arriva anche quello che sembra essere un avvertimento del vice ministro degli esteri siriano Faisal Maqdad. L’esponente di governo ha accusato Londra e Parigi di aver aiutato“i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria e che gli stessi gruppi le useranno presto contro l‘Europa. Parlando con i giornalisti all’Hotel Four Seasons di Damasco, Faysal al Miqdad ha detto di aver presentato agli ispettori dell’Onu le prove che “gruppi di terroristi armati” hanno usato il gas sarin in tutti i siti dei presunti attacchi. “Ripetiamo che sono stati i gruppi terroristi ad usarle (le armi chimiche) con l’aiuto degli Usa, della Gran Bretagna e della Francia e questo deve finire”, ha precisato, aggiungendo: “Questo vuol dire che queste armi chimiche presto saranno usate dagli stessi gruppi contro il popolo d’Europa”

Ma l’ordine di usare armi chimiche, che il 21 agosto hanno provocato la morte di centinaia di civili in un sobborgo di Damasco, potrebbe essere partito da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad, secondo un funzionario delle Nazioni Unite impegnato a monitorare i conflitti in Medio Oriente. Maher al Assad è a capo della potente Guardia repubblicana e controlla la Quarta divisione corrazzata, una unità  scelta dell’esercito siriano che secondo l’opposizione avrebbe lanciato l’attacco del 21 agosto. L’uso di gas letali potrebbe essere stata una decisione di Maher dettata dall’arroganza, piuttosto che una mossa strategica disposta dal presidente Bashar al Assad, ha detto la fonte dell’Onu, citata in forma anonima dall’agenzia Bloomberg.

Intanto gli ambasciatori dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Gran Bretagna, Francia, Cina e Russia) si sono riuniti a New York per esaminare la bozza di risoluzione britannica sulla crisi delle armi chimiche in Siria in cui si chiede “l’autorizzazione a tutte le misure necessarie per proteggere i civili”. ”Anche se l’Onu fallisce nel tentativo di trovare l’accordo su un’azione in Siria, ci vuole comunque una risposta” ha aggiunto il ministro degli Esteri britannico William Hague. Ma la Gran Bretagna non avrebbe intenzione di agire al di fuori dei confini tracciati dall’Onu, e nella riunione l’ “intransigenza russa” starebbe bloccando ogni “azione significativa”, come riferito dal portavoce americano Marie Harf. E anche negli Stati Uniti starebbe crescendo lo scetticismo su un intervento senza l’ok dell’Onu: “L’uso della forza in un caso come questo può essere politicamente giustificato. Può essere la cosa giusta. Ma non sarebbe legale senza il sì del Consiglio di Sicurezza”, ha detto l’ex avvocato del Dipartimento di Stato David Kaye

Per quel che riguarda l’Italia, invece, se anche ci fosse il via libera dell’Onu per un intervento in Siria, non scatterebbe “nessun automatismo” ma si aprirebbe uno “scenario di legalità internazionale ad oggi totalmente inesistente” che aprirebbe la strada ad un “serio dibattito in Parlamento”. Il ministro degli Esteri Emma Bonino, intervistata a Radio anch’io, ribadisce quanto detto ieri (“Un intervento militare in Siria senza la copertura del Consiglio di sicurezza dell’Onu non è praticabile”) , ma precisa che “non sarebbe automatico” per l’Italia “concedere le basi o intervenire”. In ogni caso, sottolinea, “non devono esserci ambiguità o dubbi sulla posizione del governo: l’attacco sarebbe un ultimo episodio che si aggiunge a una catena di episodi efferati, e non solo del regime. Ma in ogni caso implica una condanna senza mezzi termini“. 

Possibilista sulla soluzione diplomatica anche il titolare della Difesa Mario Mauro: “Sì, è ancora possibile scongiurare un’involuzione di tipo militare”. Londra a Parigi spingono per l’azione militare ma il ministro, in un’intervista a L’Avvenire invita alla cautela. “Ci vuole – sottolinea – una prudenza estrema, bisogna pensarci milioni di volte prima di dare il via ad azioni militari. Il caso Siria va gestito con equilibrio”. Mauro indica la strada di una “soluzione politica” della grave crisi siriana e rilancia la linea dell’esecutivo: “L’Italia non prenderà parte a operazioni decise al di fuori del Consiglio di sicurezza dell’Onu”. “E anche se si dovesse arrivare a una risoluzione nelle Nazioni unite – spiega il ministro ribadendo quanto detto da Emma Bonino – l’Italia resterebbe fuori dalla Siria”. Sulla piattaforma Change.org è stato lanciato un appello contro un intervento militare perché “non porterà soluzioni, ma un crescendo di lutti e disastri. L’Italia si metta a lavorare per costruire nel mondo pace e diritti e si chiami fuori da questa guerra, chiunque decida di farla”. Tra i firmatari anche Stefano Rodotà, Maurizio Landini, Cecilia Strada, Stefano Corradino e Carlo Freccero.  

Anche Palazzo Chigi interviene nuovamente. “L’utilizzo di armi chimiche ai danni della popolazione civile siriana” è un “atto che ripugna la coscienza del popolo italiano e che si configura come crimine contro l’umanità“; è una “inaccettabile violazione” del diritto internazionale ed i responsabili dovranno essere sottoposti alla giustizia internazionale”. Il governo italiano ha ribadito agli alleati Usa ed europei la posizione “espressa in Parlamento” sulla Siria e chiede che l’attività degli ispettori dell’Onu “possa procedere con la massima libertà e celerità”. Intanto l’ambasciatore siriano all’Onu ha chiesto al segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki moon di incaricare “immediatamente” gli ispettori in Siria di un’inchiesta su tre nuovi presunti attacchi di ribelli sull’esercito di Damasco. 

Usa e Gran Bretagna – Sul fronte americano, come riporta il Washington Post, l’amministrazione Obama potrebbe rendere noto il rapporto dell’intelligence americana che proverebbe la responsabilità del regime di Assad nell’uso di armi chimiche il 21 agosto già giovedì 29 agosto. Un fatto “inaccettabile” per il segretario generale della Nato Hans Fogh Rasmussen che “non può rimanere senza risposta”. A compilare il dossier è l’Office of the director of national intelligence. Il report è uno degli ultimi passi prima di una decisione da parte del presidente americano Barack Obama su un possibile attacco contro la Siria. Di fatto, il vice ministro degli Esteri siriano Faysal al Miqdad ha dichiarato che il 21 agosto scorso sono state usate armi chimiche, ma solo dall’opposizione armata. E ha precisato che il rapporto completo è stato già inviato alle Nazioni Unite. Maqdad ha inoltre aggiunto che Londra e Parigi hanno aiutato “i terroristi” ad usare le armi chimiche in Siria e che gli stessi gruppi le useranno presto contro l’Europa

Secondo un funzionario dell’Onu impegnato a monitorare i conflitti in Medio Oriente, l’ordine di usare armi chimiche che il 21 agosto hanno provocato la morte di centinaia di civili in un sobborgo di Damasco potrebbe essere partito da Maher al Assad, fratello del presidente Bashar al Assad. È a capo della potente Guardia repubblicana e controlla la Quarta divisione corazzata, una unità di elite dell’esercito siriano. L’uso di gas letali potrebbe essere stata una decisione di Maher dettata dall’arroganza, piuttosto che una mossa strategica disposta dal presidente Bashar al Assad, ha detto la fonte dell’Onu, citata in forma anonima dall’agenzia Bloomberg.

La tempistica del rapporto dell’intelligence Usa dipende anche dalle consultazioni in corso con gli alleati e il Congresso, oltre che alla sicurezza degli esperti dell’Onu che stanno indagando in Siria e che, ha detto Ban Ki-moon, hanno bisogno di quattro giorni per concludere le loro indagini e ulteriore tempo per analizzarne i risultati. Inviati a Damasco, hanno ripreso i loro sopralluoghi nei siti colpiti dagli attacchi chimici, come riferisce la Bbc. Le operazioni della squadra erano state sospese ieri per la mancanza di condizioni di sicurezza idonee, mentre lunedì 26 agosto uno dei veicoli su cui viaggiavano gli ispettori era stato preso di mira da alcuni cecchini.

Come anticipato dalla Nbc, sono previsti raid limitati a partire giovedì. Tuttavia, Imad Salamey, professore di Scienze politiche alla Lebanese American University e tra i maggiori analisti degli sviluppi in Siria e Libano, ha dichiarato all’Ansa che un attacco limitato servirà solo a”rafforzare il regime”, che “ne uscirà da eroe”. Se al contrario l’Occidente vuole intervenire in Siria, prosegue, lo deve fare con un’azione prolungata nel tempo a difesa della popolazione civile, con l’istituzione di una ‘no-fly zone’.  Tuttavia, ha garantito una fonte dell’aministrazione Usa all’agenzia Bloomberg mentre in Consiglio di Sicurezza è cominciato l’iter della risoluzione britannica, che un’eventuale rappresaglia per l’uso delle armi chimiche non sarà limitata a un solo giorno. 

Intanto la Gran Bretagna, ha scritto in un tweet David Cameron, intende presentare in giornata una proposta di risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu, oggi in giornata, di condanna per l’uso di armi chimiche da parte del governo siriano e per chiedere l’autorizzazione per prendere le “misure adeguate per la protezione dei civili” in Siria. Cameron – che sull’edizione di oggi dell’Independent è stato definito in prima pagina “L’erede di Blair”, con chiaro riferimento alle guerre “preventive” – ha ceduto alle pressioni provenienti dai liberaldemocratici in coalizione e dai laburisti all’opposizione, esprimendo così una posizione più “moderata” rispetto a quella degli Stati Uniti.

Inoltre il segretario Onu Ban Ki-moon, all’Aja per le celebrazioni del centesimo anniversario del ‘Palazzo della Pace’, edificio simbolo della Pace e della Giustizia nel mondo, ha rivolto un appello ai membri del Consiglio di sicurezza ad “agire per la pace” a Damasco.  “Il Consiglio – ha detto – si deve unire allo scopo di agire per la pace” affermando anche che “abbiamo raggiunto il momento più grave del conflitto”.

E alla vigilia della resa dei conti con il regime di Assad, hacker siriani potrebbero già aver iniziato una loro “guerra”, attaccando, con colpo propagandistico di tutto rispetto, i siti del New York Times e di altri giornali Usa. Il sito web del prestigioso quotidiano newyorkese è infatti entrato in panne per la seconda volta in un mese e una portavoce del quotidiano ha attribuito il guasto di oggi a un attacco “malizioso” dall’esterno. Secondo esperti informatici, il black out sarebbe da attribuire al Syrian electonic army (Sea), un gruppo di pirati siriani già sospettati di un simile cyberattacco il 15 agosto al sito del Washington Post. Poi in serata hanno denunciato intrusioni simili anche l’Huffington Post e Usa Today.

Iran –  Oggi la militante agenzia iraniana Fars, vicina al Corpo d’elite dei Pasdaran, ha riportato una “alta fonte delle forze armate siriane” per avvertire gli Usa e i suoi partner che osare una vera guerra contro la Siria scatenerà un immediato contrattacco a Tel Aviv da parte di Damasco e i suoi alleati. “Se Damasco viene attaccata, anche Tel Aviv verrà presa di mira e una vera guerra contro la Siria produrrà una licenza per attaccare Israele”, avrebbe detto la fonte anonima alla Fars. In merito all’eventuale attacco interviene anche la Guida suprema iraniana Ali Khamenei che, nel mettere in guardia dalle imprevedibili ripercussioni di un attacco militare statunitense contro Damasco, sostiene che la prospettiva di un intervento straniero non è altro che “bellicismo” e sarebbe “un disastro per la regione” mediorientale. Infatti, ha aggiunto, “la regione – ha precisato Khamenei – è come una polveriera e il futuro non può essere previsto”. 

Khamenei inoltre, durante un incontro a Teheran con il sultano dell’Oman, Qaboos bin Said e secondo quanto riportato dall’agenzia Fars, ha sottolineato che “la principale causa dello status quo in Medio Oriente è l’ingerenza dei Paesi situati all’esterno della regione”. Il superamento della linea rossa avrebbe “gravi conseguenze” anche per il generale Masoud Jazayeri, membro dei vertici militari iraniani, parlando con l’agenzia Fars. Il monito di Jazayeri è una risposta alle recenti dichiarazioni dei vertici militari Usa su un possibile intervento armato in Siria dopo le accuse al regime di Damasco riguardo al presunto uso di armi chimiche nel conflitto con i ribelli. In merito alle  “imprevedibili” ripercussioni, interviene il ministro della difesa israeliano Moshè Yaalon: “Tutti coloro che cercheranno dimetterci alla prova – dice -, andranno incontro alla potenza di Israele. Di fronte alla tempesta, lo spirito dell’esercito israeliano – ha spiegato Yaalon citato dai media – non è certo meno forte”.

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