Quello siriano è un esercito numeroso, anche se dotato di mezzi ed equipaggiamenti in gran parte obsoleti. Le punte di eccellenza nella 4/a Divisione corazzata e nella Guardia Repubblicana, reparti fedelissimi al rais Bashar Assad e guidati dal fratello Maher. E anche il sistema di difesa aereo si presenta molto esteso e stratificato; senza dimenticare forze paramilitari e servizi segreti.

A passare in rassegna e valutare la consistenza delle forze armate di Damasco è la Rivista italiana di Difesa, con un rapporto che assume importanza in queste ore in cui si parla di un possibile intervento militare in Siria. L’esercito del regime ha attualmente un organico di 200-215.000 unità, alle quali vanno aggiunti circa 150mila riservisti mobilitati in caso di emergenze. Al vertice ci sono tre comandi territoriali, di stanza a Damasco, Zabadani e Aleppo. I reparti migliori (4/a Divisione corazzata e Guardia Repubblicana) vengono utilizzati per reprimere le rivolte e per sedare il fronte interno; a loro sono affidati tutti gli equipaggiamenti più avanzati.

Esclusi loro, però, il livello dell’esercito viene definito “abbastanza basso“. Negli ultimi anni sono calati standard addestrativi ed equipaggiamento. Il parco carri e blindati è antiquato: sono ancora in servizio oltre 3.000 tra T-72 e T-55/T-62 acquistati dall’Urss durante la Guerra Fredda. Anche l’artiglieria è ancora quasi interamente composta da sistemi acquistati in quel periodo, e circa metà degli intercettori dello spazio aereo sono i vecchi Mig, risultati inadeguati già nel 1982; ma c’è anche una trentina di Mig 25 migliorati che possono rappresentare un avversario più ostico. Ultimamente sono stati comprati principalmente sistemi anticarro e antiaerei a corto raggio, razzi e sistemi antinave. Nondimeno, la Syrian Arab Force è una delle principali aeronautiche mediorientali: avrebbe circa 40mila uomini e circa 400 velivoli tra intercettori, caccia e ricognitori.

Oltre alle forze armate vere e proprie, anche quelle paramilitari sono state estesamente impiegati nella repressione delle rivolte. Un ruolo importante durante questi mesi di crisi è stato giocato anche dalla milizia del Baath e dalla Shabiha, una sorta di organizzazione mafiosa che ha forti legami con la famiglia Assad.

Quanto alle armi, la preoccupazione maggiore riguarda proprio quelle che vengono contestate al regime siriano. L’arsenale chimico sarebbe il più grande del Medioriente e il quarto al mondo. Una dotazione imponente e tenuta rigorosamente top secret, dovuta in gran parte alla necessità di compensare forze convenzionali inferiori a quelle dei Paesi maggiormente armati, come il ‘nemico storico’ Israele. Si tratterebbe di una disponibilità fra le 500 e le mille tonnellate cubiche di “aggressivi chimici” la cui produzione sarebbe stata attuata in forma decentrata fra alcune aziende dislocate in tutto il Paese; e, in caso di “massimo impegno”, lo sforzo produttivo di armi chimiche può arrivare anche ad alcune “centinaia di tonnellate annue”. I missili balistici caricati chimicamente sarebbero fra le 50 e le 100 unità. Ma definire con certezza entità e qualità dell’arsenale chimico siriano – avverte il rapporto – non è semplice poiché le notizie certe e verificabili in merito scarseggiano

La qualità e la quantità della dotazione chimica siriana si deducono, comunque, anche dall’atteggiamento di Damasco nei confronti dell’adesione ai protocolli internazionali. Sebbene sia parte dal 1968 del Protocollo di Ginevra che proibisce il ricorso per primi all’utilizzo delle armi chimiche, la Siria non ha mai firmato la Chemical weapons convention (Cwc). Inoltre, Damasco ha implicitamente ammesso una certa disponibilità di arsenale chimico rifiutandosi per anni di prendere in considerazione qualunque proposta ispettiva o di disarmo. Anche la minaccia da parte del regime di Assad di impiegare il munizionamento chimico contro eventuali forze riconducibili a un intervento armato esterno (ma non sui propri cittadini, anche se ostili al regime), viene considerata un’ulteriore spia della disponibilità di tali armi. Ma secondo i comunicati del Free Syrian Amy, gli aggressivi chimici sarebbero stati utilizzati almeno 18 volte nei combattimenti civili. Ed è questo che adesso rischia di scatenare una nuova guerra internazionale

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