Era il 25 agosto del 1989 quando a Villa Literno fu ucciso Jerry Essan Masslo, giovane sudafricano, raccoglitore di pomodori, che, con il suo esempio, ha reso migliore l’Italia.
Fuggito dall’apartheid, Masslo arriva in Italia come nella terra promessa. Discriminazione, terrore, sangue avevano scandito la sua vita fino ad allora. Il padre e la figlia erano stati uccisi in Sudafrica nel corso di una manifestazione per i diritti dei neri.

Da studente, simpatizza per i movimenti per i diritti dei “coloured” come l’African National Congress che, con il leader Nelson Mandela, si oppongono con coraggio all’apartheid. Per il viaggio in Italia deve vendere un bracciale e un orologio gli unici ricordi rimasti del padre.

Quando, il 21 Marzo del 1988, atterra a Fiumicino, presenta la domanda di asilo politico, vedendosela subito rifiutata. L’asilo politico in Italia, allora, poteva essere chiesto solo dai cittadini dei paesi dell’Est che scappavano dal comunismo.
Pur sostenuto nelle sue ragioni di richiedente asilo dalla sezione italiana di Amnesty International e dall’Unhcr, l’ istanza viene rigettata, a norma del principio della “limitazione geografica”. Secondo la legislazione di quegli anni, la decisione è definitiva.

Masslo sceglie comunque di rimanere in Italia, pur senza lo status di rifugiato. Viene accolto dalla Comunità di Sant’Egidio, stabilendosi in via dei Veneziani 30, presso la “Tenda di Abramo”, un centro di accoglienza per stranieri, ospitato in una palazzina di tre piani a Trastevere, nel cuore di Roma. 

Jerry vuole lavorare a tutti i costi, fa il muratore, scarica le merci al mercato della frutta e invio ciò che guadagnava alla famiglia che continua a vivere nel borgo, tristemente noto, di Soweto, alla periferia di Johannesburg.

Nell’estate dell’1989 decide di spostarsi a Villa Literno, dove era possibile trovare un lavoro stagionale per la raccolta dei pomodori. Parte senza indugio. Le condizioni dei braccianti stagionali sono pietose.  Alcuni, per ripararsi, occupano i loculi del cimitero

Ma le popolazioni locali non sopportano la presenza di quelli stranieri e a Villa Literno la tensione sale. Sfruttati e mal sopportati, insomma. La notte del 25 agosto, sei criminali a volto coperto fanno irruzione nella struttura fatiscente di via delle Gallinelle, dove Masslo, assieme ad altri 30 disperati, passa la notte.
I balordi chiedono a “tutti i negri” di consegnare i pochi soldi loro concessi dai caporali. Si rifiutano tutti. Nelle colluttazioni che seguono, uno dei rapinatori esplode tre colpi di pistola che colpiscono mortalmente Masslo.

La Cgil chiede per Jerry Masslo funerali di Stato, che si svolgono il 28 agosto, alla presenza del Vicepresidente del Consiglio.
Il Tg2 si collega in diretta e, nella rubrica “Nonsolonero”, viene trasmessa una straordinaria, casuale, intervista rilasciata proprio da Jerry Masslo:

“Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civiltà, un’accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere né pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese è un limite alla convivenza civile. Il razzismo è anche qui: è fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane con chi non chiede altro che solidarietà e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che ciò non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verrà ammazzato ed allora ci si accorgerà che esistiamo”.

Un’ondata di emozione attraversa l’Italia che proprio in quell’ occasione scopre di essere diventata terra di immigrazione e non più di emigrazione.
Nel settembre del 1989 a Villa Literno viene organizzato il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato e contro la camorra. Un evento storico, insomma.
Il 7 ottobre 1989 si svolge, invece, a Roma la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo.
Nel 1990 viene varato il primo intervento normativo organico sull’emigrazione, la legge Martelli.

Masslo, alla cui memoria è stata dedicata un’associazione, è oggi poco ricordato.

Eppure la sua testimonianza ha cambiato l’Italia. Conservarne la memoria, significa continuare, ancora oggi, a cambiare le cose. Quel raccoglitore di pomodori, quel semplice ragazzo nero di Soweto, innamorato dell’Italia, ha riscattato la coscienza civile del Paese, rendendolo migliore.

 

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