Le Prefetture italiane e la Protezione civile pare siano già in stato di allerta, pronte ad accogliere il nuovo flusso migratorio che preme ai nostri confini. La chiameranno probabilmente “Emergenza Siria” ed assomiglierà in tutto e per tutto alla passata “Emergenza Nord Africa”: il grande piano di accoglienza seguito alla crisi libica del 2012 e che si è conclusa la scorsa primavera, quando sono stati salutati i quasi 60 mila richiedenti asilo accolti nelle strutture predisposte, sparse un po’ per tutto il paese. A ciascuno di loro sono stati consegnati 500 euro. Una sorta di “buona uscita” utile per sostenere le spese del ritorno presso i loro paesi di origine. Ma la maggior parte non se n’è mai andata. Lo rivelano le associazioni benefiche che hanno gestito in prima linea l’emergenza, come la Fondazione Fratelli di San Francesco di Assisi di Milano, non nascondendo alcune criticità proprio nelle fasi di chiusura. Era prevedibile che chi fosse arrivato nel nostro paese disperato, fuggito da una guerra civile o per motivi legati alla propria sicurezza personale, non avesse intenzione di tornare a casa. E così i quasi 30 milioni di euro spesi per il loro rimpatrio, che fine hanno fatto? “I miei 500 euro li ho mandati a mia mamma” confessa un ragazzo che assieme ad altri abita un parchetto di Milano, nella zona di Gratosolio. I richiedenti asilo oggi sono quindi “fantasmi” senza fissa dimora e la questione sembra ora riguardare più che altro la loro assistenza in quanto homeless. Se queste sono le premesse, cosa accadrà in occasione della prossima emergenza, già alle porte?  di Fabio Abati

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