Dopo la ratifica da parte dell’assemblea nazionale del secondo partito della destra, Renovacion Nacional, Evelyn Matthei è ufficialmente la candidata dell’Alianza alle presidenziali cilene del prossimo novembre. Il che significa che si profila un inedito duello tutto al femminile con la ex Presidenta, ora ri-candidata del centro sinistra Michelle Bachelet.

Comunque andranno le cose, il prossimo vertice del Cono Sud tra Cile Brasile e Argentina vedrà tre donne riunite. Con la vincente cilena si riuniranno Cristina Kirchner dell’Argentina e Dilma Roussef del Brasile. Con la differenza che il cammino per la vincente cilena sarà meno accidentato, perché l’economia va bene e le esportazioni di rame tirano tutto il resto.

Sarà una delle prime volte nel mondo che due donne si sfidano per una carica fondamentale, perché si tratta di repubblica presidenziale all’americana, dove il presidente è anche capo del governo. Il percorso che ha portato la Bachelet e la Matthei alla candidatura è molto diverso. Michelle Bachelet, che va per i 62 anni, è stata ministra socialista della Difesa nel governo Lagos, poi candidata presidenziale vincente per il mandato presidenziale 2006-2010. Ai cileni piacque il suo profilo di madre – single e al tempo stesso di rassicurante amministratrice.

Tanto che – pur senza associare il suo nome a nessuna significativa riforma – ha concluso il suo mandato nel 2010 con una popolarità altissima, solo scalfito da una gestione un po’ sfortunata dell’emergenza terremoto. Se avesse potuto ricandidarsi avrebbe stravinto, ma la legge cilena è forse l’unica al mondo che impedisce i due mandati consecutivi. Senza Bachelet, la voglia di una fetta di elettorato di cambiare dopo vent’anni ininterrotti di centro-sinistra ha premiato all’inizio del 2010 il miliardario indipendente di destra Pinhera, moderato e sorridente. Ma privo di colleghi o delfini che ne possano ripetere il miracolo. La ricandidatura della Bachelet, dopo 4 anni di incarichi internazionali in ambito Onu, era quasi obbligata e infatti la popolare Michelle ha stravinto le primarie del centro-sinistra col 75%.

La vera novità è che la destra si affidi a una donna. Per la verità, Evelin Matthei è venuta fuori in un secondo momento, come carta di riserva. In prima battuta, e non senza molti contrasti, era stato indicato un politico senza aggettivi, Pablo Longueira, capo dei post-pinochetisti della Udi.

Dichiarando una inedita “depressione”, e probabilmente temendo una secca sconfitta, Longueira si è ritirato e si è fatta strada la spumeggiante ministra del Lavoro, Eveline Matthei. Nota nei tempi recenti per la sua spregiudicatezza, un certo taglio populista e una aggressività verbale che quanto meno l’ha distinta dalle altre figure politiche. In realtà anche se è un pochino più giovane (farà 60 tra poco) la Matthei è una politica di professione non meno della Bachelet, è sempre stata in Parlamento dal 1990. Fin dall’inizio della sua carriera era a stretto contatto con Sebastian Pinhera , venne anche coinvolta in un presunto scandalo di corruzione mai giunto a giudizio.

Ma c’è un aspetto biografico di analogia e contrasto tra le due rivali. Sono entrambe figlie di generali e da bambine si frequentavano. Ma il padre di Michelle Bachelet, fedele alla Costituzione e contrario al golpe, morì nelle carceri di Pinochet. Mentre il padre Matthei, tuttora vivente, è stato un collaboratore stretto del dittatore. C’è stato un giudice che ha cercato di accusarlo proprio in relazione alla morte del generale Bachelet, ma lo ha prosciolto in istruttoria. La differenza tra le due tradizioni familiari non sarà un tema esplicito della campagna elettorale, o meglio lo sarà solo per una minoranza politicamente più anziana che comunque
 ha già deciso. L’11 settembre si celebrano i 40 anni dal colpo di stato cileno.

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