Chi bombarda e chi si prepara a resistere come l’ultimo giapponese. La sentenza della Cassazione, l’ipotesi di salvacondotto e la possibilità che il Senato possa “espellere” Silvio Berlusconi continuano a piazzare mine alle fondamenta del governo delle larghe intese. Difficile capire quale sia la miccia e l’obiettivo di ciascuno tra Pd e Pdl è di lasciare il cerino – di una crisi di governo – in mano all’alleato. L’ex ministro Pdl Paolo Romani già al mattino parlava in modo esplicito: “Se le interviste sono quelle che vediamo, se le battute sono quelle che sentiamo, l’unico esito possibile è quello di andare a votare“. Prima ancora era stato il ministro per le Infrastrutture Maurizio Lupi, sul Corriere della Sera, ad attaccare i democratici, accodandosi al coro di critiche che ieri aveva travolto Epifani, “colpevole” di aver invitato Berlusconi a fare un passo indietro. “Dichiarazioni provocatorie” le definisce. Lupi aggiunge: “Letta ha detto basta giochini, noi non ne stiamo facendo e sosteniamo il governo con lealtà. Ma non si può chiedere al Pdl di rinunciare alla difesa del suo leader. Deve esserci la stessa convinzione anche nel Pd: ci dicano chiaramente se vogliono continuare a star in questo progetto oppure no”. “Nonostante il nostro senso di responsabilità e l’impegno parlamentare a votare con decisione i progetti del governo, nei quali vengono accolte le nostre proposte nell’interesse del Paese, – incalza il capogruppo al Senato Renato Schifani – continuano le provocazioni del Pd. Se il Pd ha deciso di staccare la spina al governo, cessi le provocazioni e lo dica chiaramente, se ne assumerà le responsabilità davanti agli italiani”.

Dall’altra parte dà fuoco alle polveri il viceministro dell’Economia Stefano Fassina“E’ il Pdl che non può aspettarsi dal Pd un sostegno per interventi ad personam”. Il “giovane turco” non entra nel merito ma demolisce le possibili strade da percorrere rilevando che quegli “interventi ad personam” sono “fuori dal perimetro costituzionale sarebbero fuori dal perimetro delle nostre leggi”. Fassina è fermo nel ribadire che “il governo non deve fare interventi ad hoc per nessuno”. “E’ il Pdl – rilancia – che deve dire se ha cambiato idea rispetto al programma del governo Letta”. L’esponente Pd rimarca anche che ieri “Epifani ha ribadito un principio elementare in ogni democrazia, quello per cui la legge è uguale per tutti, le sentenze vanno rispettate e le leggi vanno applicate. Questo non credo sia un punto di parte, ma fa parte delle democrazie di ogni parte del mondo”. 

Ma il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello (ultrasostenitore del governo) blocca tutto: “Non si possono sciogliere le Camere prima che la Corte Costituzionale si sia pronunciata sulla legittimità della legge elettorale”. Quindi, spiega dai microfoni di Radio 2 Rai, niente elezioni sui radar della politica prima del 3 dicembre. “Non si può andare alle elezioni prima che si sappia se l’attuale Parlamento possa essere dichiarato illegittimo”, rileva l’esponente Pdl aggiungendo, peraltro, anche un “come è probabile che sia”. Già nella tarda serata di ieri Quagliariello, nel corso di Virus, su Rai 2, aveva espresso il medesimo concetto: “Non si possono scogliere le Camere prima che la Corte Costituzionale si sia pronunciata sulla legittimità della legge elettorale… Non si può andare alle elezioni prima che si sappia se l’attuale Parlamento possa essere dichiarato illegittimo, come è probabile che sia”. Poi in una nota precisa meglio: “Non è possibile tornare alle urne con questa legge elettorale prima del 3 dicembre, data dell’udienza della Corte costituzionale, perché nessuno consentirebbe al Paese di andare a votare con una legge che potrebbe essere dichiarata illegittima prima ancora che il nuovo Parlamento si sia insediato”. “Ovviamente – prosegue il comunicato – una legge elettorale emendata nei suoi possibili vizi di costituzionalità consentirebbe in caso di necessità un ritorno alle urne. Per questo, fin dall’inizio, il ministro Quagliariello si è sempre pronunciato a favore di una clausola di salvaguardia che corregga il sistema di voto e metta il popolo nelle condizioni di poter esercitare la propria sovranità in qualsiasi momento. Si tratta ovviamente di un giudizio di tecnica costituzionale che prescinde da qualsiasi valutazione politica”.

Insomma, fra Pd e Pdl è tregua armata. Secondo Repubblica, che cita fonti interne al Pd, i democratici avrebbero già pronto un piano di riserva per tornare subito al voto: “Non farsi logorare significa rassegnare le dimissioni e non farsi licenziare. Se Berlusconi insiste, non perdere la faccia davanti agli elettori” sarebbe il pensiero di Enrico Letta. A rincarare la dose, il segretario ‘traghettatore’, Guglielmo Epifani, che non vuole “commettere lo stesso errore di novembre scorso, quando ci hanno lasciato da soli a sostenere Monti“: “Se il Pdl perde la testa, noi dobbiamo precederlo. Devi essere tu nel caso a staccare la spina”, è il consiglio che l’ex leader della Cgil darà al presidente del Consiglio.

Ma Fabrizio Cicchitto non molla: “E’ possibile che come un grappolo di ciliegie, tutto si sgrani: dall’attacco a Berlusconi, alla tenuta del governo, a quella della stessa legislatura, con il conseguente blocco sia della politica economica sia delle riforme istituzionali, con l’unica eccezione di modifiche alla legge elettorale che vanno comunque fatte”. “Di conseguenza siamo ad uno snodo decisivo: se l’attacco frontale di natura giudiziaria a Berlusconi diventa anche un attacco altrettanto frontale sul piano politico e ciò avviene non solo ad opera di giudici alla Esposito ma di un partito di governo come il Pd è evidente che le cose sono destinate a complicarsi e di molto”, conclude.

E non sono meno concilianti le dichiarazioni che arrivano dal fronte del Pd. Rosy Bindi avvisa i rivali-alleati di non forzare la mano sul “salvacondotto”, perché “il Pd non cederà mai ai ricatti” dichiara a Repubblica. Il governo Letta – spiega la Bindi – “non è nato per la pacificazione. Chi pensa che le larghe intese servano per assolvere Berlusconi e garantirgli un salvacondotto politico non è un nostro interlocutore. Questo governo serve se fa le cose che servono agli italiani, se fa bene al Paese”. La Bindi, però, auspica tra le righe che l’esecutivo possa continuare nel suo lavoro: “Non bisogna dare una mano a Berlusconi né sospendendo la legge né interrompendo il percorso dell’esecutivo”, afferma.

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