“Se pensate che l’Europa stia bene, guardate l’Italia”. E’ il titolo di un editoriale di Bloomberg news a firma del professore dell’MIT di Boston Simon Johnson, che frena l’entusiasmo delle promesse sulla “luce in fondo al tunnel” della crisi economica. Dopo che mercoledì Fabrizio Saccomanni ha annunciato la fine della recessione in Italia (proprio mentre l’Istat segnalava l’ottavo calo consecutivo del Pil nel secondo trimestre 2013), infatti, anche la Banca centrale europea di Mario Draghi ha fatto sapere che “per i Paesi dell’euro si profila una graduale ripresa dell’attività economica nel prosieguo dell’anno e nel 2014″.

L’Eurotower, nel bollettino di agosto, ha sottolineato però che nel contempo “le condizioni del mercato del lavoro permangono deboli” e che la disoccupazione nell’Eurozona è prevista in rialzo al 12,4% nel corso del 2014 mentre le precedenti stime indicavano il dato al 12,2 per cento. Male anche le attese sul Pil dell’Eurozona per il 2013 e il 2014 che sono state riviste al ribasso. Lo staff dei previsori interpellato dalla Bce si attende per quest’anno una contrazione dello 0,6% contro il -0,4% stimato in precedenza, mentre per il 2014 la previsione di crescita è stata limata da +1% a +0,9 per cento.

“Il problema dell’Italia è la crescita lenta, frenata dal governo”
Le stime della Bce sembrano quindi appoggiare la tesi dell’economista americano, che mostra di non condividere affatto l’ottimismo delle ultime dichiarazioni sulla fine della crisi in Italia. “E’ diventato di moda non preoccuparsi dell’Europa e dell’Eurozona”, spiega Johnson, sottolineando che “questa compiacenza ha una grave lacuna, l’Italia”. E non tanto, sostiene l’esperto, a causa delle sue finanze pubbliche, appesantite da un rapporto debito/Pil che supera il 130%, piuttosto “il problema è che l’Italia sta crescendo troppo lentamente e questo avviene da molto tempo”.

Le cause? “Non certo la mancanza di tentativi”, chiarisce l’economista. “Il tasso di investimenti è più alto che in Germania, gli investimenti nelle infrastrutture in linea con la media dell’Eurozona e la spesa per la ricerca è migliorata negli ultimi anni”. Il principale ostacolo alla crescita in Italia, secondo Johnson, è invece il governo. “Su alcune misure di governance, come la lotta alla corruzione e lo stato di diritto, l’Italia fa peggio anche della Grecia“, spiega. “E sembra impossibile che le riforme strutturali cui si lavora in questi mesi, piccoli cambiamenti al sistema fiscale e alle regole del mercato del lavoro, possano migliorare il quadro”. Per l’economista “è quindi difficile trovare esempi di riforme riuscite in Italia, con la possibile eccezione del sistema delle pensioni”. E’ in questo contesto che “il debito diventa una minaccia”, aggiunge, sottolineando che rimane il rischio che “i mercati, a un certo punto, possano perdere la fiducia nella sua capacità di gestire le difficoltà finanziarie”.

Ma la Bce è ottimista: “Ripresa sostenuta da politica monetaria”
La Bce, però, è ottimista. “La ripresa sarà sostenuta da un orientamento di politica monetaria che continua a essere mirato a mantenere il grado di accomodamento monetario richiesto dalle prospettive per la stabilità dei prezzi e a favorire condizioni stabili nel mercato monetario”, spiega Francoforte. Mentre sul fronte esterno “la crescita delle esportazioni dell’area dell’euro dovrebbe beneficiare di una progressiva ripresa”. In prospettiva, infatti, prosegue il bollettino, “l’orientamento di politica monetaria resterà accomodante finché sarà necessario”. Intanto, però, “i rischi per le prospettive economiche dell’area dell’euro continuano a essere orientati al ribasso”.

“Per potenziare l’impatto complessivo di tali strategie – continua il monito della Banca Centrale – gli Stati membri devono procedere a una più rapida attuazione delle necessarie riforme strutturali al fine di promuovere la competitività, la crescita e la creazione di posti di lavoro“. Secondo l’Eurotower, infatti, “la rimozione delle rigidità nel mercato del lavoro, la riduzione degli oneri amministrativi e il rafforzamento della concorrenza nei mercati dei beni e servizi saranno di particolare giovamento per le piccole e medie imprese“. Qualche parola, poi, anche per le banche e, in particolare, per quelle italiane. “La dinamica dei prestiti a famiglie e imprese resta debole”, continua il bollettino in cui si rileva che nel secondo trimestre la concessione del credito delle banche continua a essere frenata dal rischio dei prenditori e dall’incertezza macroeconomica. Tuttavia, l’inasprimento dei criteri di erogazione del credito si è ridotto per i prestiti alle famiglie, mentre è rimasto invariato per le società non finanziarie.

Tassi sui prestiti più alti in Italia e Spagna rispetto alla Germania
Con qualche nota di demerito in più per il sud Europa. La Bce nota infatti che i tassi bancari sui prestiti alle società non finanziarie dalla fine del 2011 in Italia e Spagna si sono attestati “su un livello superiore” a quanto registrato in Francia e Germania. “In seguito all’acuirsi delle tensioni riguardanti il debito sovrano nel 2010 e in risposta all’aumento dei tassi di interesse di riferimento agli inizi del 2011, hanno iniziato ad aumentare più rapidamente in Spagna e Italia rispetto a Francia e Germania. Mentre in questi ultimi due Paesi le riduzioni apportate ai tassi di interesse di politica monetaria da fine 2011 si sono tradotte sostanzialmente in tassi di interesse inferiori sui prestiti alle società non finanziarie, la trasmissione è stata molto più lenta nel caso di Spagna e Italia, dove i tassi di interesse rimangono su un livello superiore a quello registrato nelle altre due grandi economie dell’area”, si legge ancora nel bollettino.

Stesso trend anche per i mutui alle famiglie per l’acquisto di abitazioni, dove “i tassi bancari attivi in Spagna e Italia hanno reagito in modo particolarmente accentuato alle riduzioni dei tassi di interesse di politica monetaria apportate a fine 2008 e nel 2009”. Una reazione imputabile, dice la Bce, “al fatto che la quota di mutui ipotecari con un periodo di determinazione del tasso di interesse a breve termine è più elevata in questi paesi rispetto alle altre grandi economie dell’area dell’euro”. I tassi sui mutui ipotecari in Italia e Spagna comunque, conclude il rapporto, “rimangono superiori ai livelli osservati nel 2010, sebbene i tassi di politica monetaria abbiano raggiunto minimi storici“.

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