Tal Saring-Avraham, product marketing manager

Studio, creatività, reti, tecnologia e bebè. Questi sono alcuni degli ingredienti che si mescolano nel “Google campus for moms”, un incubatore di startup nato per essere funzionale sia per le mamme che per gli obiettivi d’impresa.

Spesso la maternità spinge una donna a ridefinire la propria carriera. Spesso il cambiamento è obbligato. Tal Saring-Avraham, product marketing manager di Google Israele, è convinta che la possa essere anche un’opportunità. “Ci siamo chiesti: cosa potremmo fare per aiutare le madri con bambini a sviluppare le proprie capacità, avere un sostegno professionale e, in questo modo, incoraggiare sempre più donne a diventare imprenditrici innovative?” La risposta è una “scuola di startup baby-friendly per neo mamme”. Un luogo pensato per venire incontro alle necessità delle donne e dei bambini: con cuscini, fasciatoi e ambienti adeguati anche per i piccoli ospiti. Attraverso lezioni, occasioni di lavoro in team e incontri con possibili investitori sono nate imprese promettenti. “Due startup prenderanno parte al programma intensivo del Campus Tel Aviv e un’altra andrà in visita al Campus di Londra per incontrare altri imprenditori britannici” racconta Tal Saring-Avraham mentre prepara una nuova edizione dei corsi per ottobre 2013. “Vorremmo condividere gli strumenti che abbiamo sviluppato al Campus for moms con altre realtà, in modo che possano supportare le madri imprenditrici del proprio territorio”. 

Potremmo aprire un laboratorio così anche in Italia? Che sia necessario investire nella creazione di opportunità per le lavoratrici con figli è fuori di dubbio. In un rapporto su maternità e lavoro l’ong “Save the children” scrive: “Gli effetti della crisi colpiscono le mamme in modo sempre più grave, evidenziando, in Italia, un circolo vizioso che lega il basso tasso di occupazione femminile, l’assenza di servizi di cura all’infanzia, le scarne misure di conciliazione tra famiglia e lavoro e la bassa natalità, con una pesante ricaduta sul benessere dei bambini”. I dati raccolti nel 2010 mostrano che solo un terzo delle donne con due o tre figli lavora. E anche quando il lavoro c’è, la sua qualità registra un peggioramento: part time involontari e diminuzione dei posti negli impieghi qualificati.

Certo, anche qui ci sono storie di neo mamme che si sono reinventate imprenditrici innovative, magari proponendo prodotti pensati apposta per la famiglia. Come “Nanobox” sturtup sviluppata in H-Farm da tre mamme: un servizio che punta a fornire alle donne un supporto nella scelta dei migliori prodotti per sé e per i propri bambini.

Ma secondo i dati di “Mind the bridge”, in Italia le startup fondate e guidate da donne (mamme e non) sono solo l’11% del totale. Un dato decisamente sconfortante. Mentre a Tel Aviv, Amman e in altre città mediorientali non sembra essere così. Secondo un articolo dall’Economist lì le imprese femminili che sfruttano le potenzialità di Internet sono addirittura il 35% del totale. Le donne approfittano di queste possibilità professionali perché rispetto ad altri contesti lavorativi “internet è uno spazio più meritocratico e meno maschile”.

Il primo “Google campus for moms” è nato dunque in un contesto estremamente dinamico. Ma la domanda rimane: perché non investire anche nel nostro Paese  in un incubatore-laboratorio che permetta alle donne di ripensare se stesse, inventare un proprio equilibrio tra carriera e famiglia, e creare sviluppo economico? Potrebbe essere una rivoluzione.

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