Ligresti contro la Procura di Torino. Ieri mattina nell’udienza al tribunale del riesame di Torino l’avvocato Gian Luigi Tizzoni, difensore di Salvatore Ligresti, ha chiesto che l’indagine su Fonsai sia trasferita a Milano. “Abbiamo sollevato il conflitto di competenza territoriale perché il reato più grave è l’aggiotaggio – ha detto una volta fuori dall’aula – Sarebbe stato compiuto a Milano, da dove la Fonsai era diretta e dove c’è la Borsa, che avalla i comunicati delle società”.

A supporto della sua tesi il difensore di “don Salvatore” ha ricordato la sentenza della Cassazione nel 2013 sull’aggiotaggio per la scalata di Antonveneta: più volte i difensori degli imputati chiesero di spostare il processo da Milano a Lodi, luogo dove avvennero le decisioni, ma nei diversi gradi di giudizio i magistrati stabilirono che il tribunale competente era quello del capoluogo lombardo dove ha sede la Borsa. A Torino poi c’è un altro caso che gioca a favore della difesa di Ligresti ed è quello del processo per aggiotaggio contro l’immobiliarista Danilo Coppola: il giudice Antonio De Marchi rilevò la competenza del Tribunale di Milano e inviò gli atti in Lombardia, dove il processo finì con la prescrizione dei reati.

Il sostituto procuratore Marco Gianoglio, che accusa i Ligresti e gli ex amministratori di falso in bilancio, falso in prospetto e aggiotaggio informativo, si è opposto ricordando quanto scritto dal gip Silvia Salvadori nell’ordinanza di custodia cautelare. La sede legale della Fondiaria Sai è a Torino, luogo da cui partivano tutte le comunicazioni societarie.

A decidere sulla questione sarà il collegio presieduto dal giudice Giuseppe Casalbore, lo stesso che ha tenuto il processo per aggiotaggio informativo a Franzo Grande Stevens, Gianluigi Gabetti e Virgilio Marrone, tre manager della Ifil-Exor (la finanziaria della famiglia Agnelli). Quel processo, a differenza di quello contro Coppola, rimase a Torino.

Se Casalbore dovesse decidere di inviare gli atti a Milano il fascicolo potrebbe giungere al pm Luigi Orsi, che sta indagando sui rapporto tra l’ex galassia Ligresti e il sistema bancario, a partire da Mediobanca e Unicredit. Come rivelato da L’Espresso del 2 agosto scorso, nell’ambito di questo procedimento il magistrato potrebbe iscrivere i banchieri nel registro degli indagati ipotizzando il reato di bancarotta preferenziale. Se Orsi fosse incaricato di proseguire l’inchiesta torinese potrebbe approfondire le responsabilità delle banche nella creazione del bilancio falso del 2010, su cui ruota l’indagine.

Sempre a Milano, e sempre a proposito di Ligresti e banche, ieri mattina al tribunale civile (dove si svolge il processo con cui Fonsai chiede il sequestro di 245 milioni di euro della famiglia per tutelarsi da eventuali danni) gli avvocati del costruttore siciliano hanno chiesto ad Alberto Nagel, ad di Mediobanca, un risarcimento da 45 milioni di euro, pari al valore della buonuscita desiderata dai Ligresti per lasciare il gruppo assicurativo con la cessione delle azioni dalla Premafin alla banca. Per don Salvatore quelle richieste, messe per iscritto su un “papello” firmato con Nagel, devono essere rispettate perché sono il frutto di un “accordo tra gentiluomini”. Il giudice ha rinviato l’analisi della questione all’udienza del 22 ottobre, dopo la quale deciderà.

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