Siamo ormai all’aperto ricatto nei confronti del presidente della Repubblica, alle minacce contro il moribondo governo Letta, all’eversione nei confronti di un potere dello Stato quale la magistratura.

Come definire altrimenti l’adunata di ieri pomeriggio dei parlamentari del Pdl, al termine della quale i capigruppo Schifani e Brunetta (uno indagato per mafia e l’altro noto soprattutto per l’imitazione di Crozza) hanno annunciato la salita al Quirinale per chiedere a Napolitano un provvedimento di grazia a favore del delinquente Silvio Berlusconi.

Che non è un insulto gratuito scagliato da questo giornale contro il miliardario di Arcore, bensì la definizione espressa, confermata e ribadita nei tre gradi di giudizio del processo Mediaset riguardo al soggetto in questione, di cui “va considerata – scrivono i giudici – la particolare capacità a delinquere dimostrata nel-l’esecuzione del disegno delittuoso”.

Dunque, deputati e senatori del Pdl rimettono nelle mani del loro datore di lavoro il mandato parlamentare, ricevuto del resto come una livrea da restituire ben stirata, affinché il condannato a quattro anni di reclusione per frode fiscale con sentenza definitiva ne faccio l’uso che più gli aggrada. Qui, per cupidigia di servilismo, la funzione parlamentare viene stesa ai piedi del delinquente, il quale mostrandosi alle folle con il cerone del martirio invita piagnucolando i sottoposti ad agire “non per me ma per il bene del Paese”.

Una recita di quart’ordine, se il prezzo del ricatto non fosse: o la grazia al delinquente o facciamo cadere il governo e trasciniamo l’Italia verso scenari da incubo.

Subito il Colle ha fatto sapere che il provvedimento di clemenza non può essere richiesto da due capigruppo. Una risposta si spera puramente sarcastica, come lo fu il comunicato del Quirinale quando il direttore di Libero, Belpietro, parlò di una trattativa per graziare B. nel caso di condanna definitiva. Fece rispondere Napolitano che “queste speculazioni su provvedimenti di competenza del capo dello Stato in un futuro indeterminato” erano “un segno di analfabetismo e sguaiatezza istituzionale”.

Ora che il futuro è diventato presente, possiamo solo aspettarci che ai ricatti eversivi si sappia dare la più adeguata risposta e si chiamino i carabinieri per l’esecuzione della sentenza.

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