Vi ricordate il quotidiano satirico Il Male, noto per titoli di prima pagina assai provocatori e divertenti? Le prime pagine dei quotidiani di oggi sembrano una riedizione de Il Male. I titoli sono simili: “Grazia per Berlusconi”. “Il Pdl chiede al Quirinale la Grazia per il suo leader”. “Berlusconi venga graziato”.

La tragedia di questo paese è che non si tratta di satira e neanche di titoli divertenti ma di triste realtà: dopo essere stato condannato in via definitiva per frode fiscale, non da tribunali speciali ma da tribunali ordinari di primo, secondo e terzo grado, come prevede il codice penale e la Costituzione Italiana, Silvio Berlusconi, più filibustiere che mai, ricatta il presidente Giorgio Napolitano, dimostrando così di fottersene degli interessi generali del paese, e gli chiede attraverso i suoi parlamentari di concedergli la grazia. E’ evidente che il presidente della Repubblica non potrà neppure prendere in considerazione una simile folle provocazione. Vorrebbe dire sancire in modo eclatante la fine degli assetti istituzionali nati dal dopoguerra, delegittimare un verdetto della magistratura assolutamente regolare nella forma e nella sostanza, e dare in via al più clamoroso scontro istituzionale della storia d’Italia.

Ma il solo fatto che il Pdl chieda al Quirinale di concedere la grazia a Silvio Berlusconi, senza uno straccio di giustificazione processuale, se non l’assurda tesi che quella sentenza lederebbe la democrazia, è davvero un atto eversivo e ricattatorio verso il paese e verso un governo che ha giurato fedeltà alla Costituzione Italiana, che prevede tra l’altro la netta separazione dei poteri e l’autonomia della magistratura.

In un paese normale Silvio Berlusconi, se non fosse il simbolo del filibustering italiota, si sarebbe già dimesso.

E in una sinistra normale, non rivoluzionaria, si starebbe già pensando a mobilitare le piazze contro l’ultimo sconcertante sfida del cavalier Berlusconi alla democrazia italiana. Beppe Grillo ha fatto bene ad annunciare la mobilitazione degli elettori di Cinque Stelle.

Nella realtà paradossale del nostro paese invece, mentre tutto il mondo occidentale guarda attonito a quello che sta accadendo in Italia, mentre i grandi quotidiani statunitensi ed europei si chiedono come mai Silvio Berlusconi sia ancora dentro il palazzo della politica e non in galera, il Pdl prepara una manifestazione contro la magistratura in nome della democrazia e chiederà a Giorgio Napolitano di suicidarsi o in alternativa di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. Un conflitto d’interesse che si fa monstre, un ricatto pesantissimo, inedito nella storia del nostro paese, a cui non potrà sottoporsi nè il Quirinale nè il Pd che dovrà prendere atto nelle prossime ore della rottura operata dal capo del Pdl verso il governo Letta, con buona pace della crisi economica che ancora corrode le fondamenta dell’economia italiana con livelli di disoccupazione inquietanti.

Staremo intanto a vedere come reagirà il Quirinale. Al momento del suo nuovo insediamento Giorgio Napolitano aveva detto che se Pdl e Pd non avessero trovato un accordo lui si sarebbe dimesso, aprendo così la strada a una rielezione del capo dello Stato, come premessa per nuove elezioni. Oggi il ricatto unilaterale nei suoi confronti da parte del Pdl e di Berlusconi è spudorato e alla luce del sole. D’altronde, se Silvio Berlusconi ha deciso la linea dura dopo aver fatto finta di fare il moderato per qualche mese, è perché è convinto di vincere le eventuali elezioni anticipate e mettere finalmente mano alla riforma della giustizia in senso piduista.

Sarà bene che il partito democratico e le altre forze della sinistra, mettano da parte le divisioni interne, evitino gli errori clamorosi del recente passato, si presentino sulla scena politica con una leadership compatta e si preparino per tempo alla fase di scontro politico che si prospetta nel nostro paese aperta dal frodatore del fisco, Silvio Berlusconi. Anche perchè tutto ciò avrà certamente conseguenze pesanti sulla crisi economica e sociale che ammorba il nostro paese.

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