Un buco da 200-300 milioni di euro si aggira nelle pieghe della sanità lombarda. Che il mito della perfezione del settore fosse sul viale del tramonto, è cosa nota. Ma che addirittura ci fosse di che preoccuparsi è tutto un altro discorso. Di cui si stanno occupando i tecnici del Pirellone che in queste ore stanno ricostruendo un quadro che non coincide con gli elogi dell’ex governatore Roberto Formigoni. E che invece ricorda, mutatis mutandis, la situazione dell’Aler emersa nei giorni scorsi.

All’assessore alla Salute, Mario Mantovani ufficialmente non risulta. Eppure a Palazzo Lombardia, gli uffici del suo dicastero oggi erano in subbuglio. I conti non tornano. Il buco è saltato fuori a seguito delle verifiche svolte sull’eredità formigoniana, come conferma invece il presidente della commissione Sanità del consiglio regionale, il leghista Fabio Rizzi, che quantifica al fattoquotidiano.it l’ammanco in “200 -300 milioni di euro”.

Un nuovo macigno si abbatte dunque sulla giunta guidata da Roberto Maroni, dopo l’annuncio fatto questa settimana dell’altro buco, quello da 80 milioni di euro, trovato nell’ente che gestisce le case popolari di Milano. E le due vicende, di Aler e della sanità, secondo Rizzi sono “assolutamente sovrapponibili”, visto che il bilancio della sanità lombarda è di circa 17 miliardi di euro all’anno e “il 10-15 per cento è stato gestito in modo assolutamente aleatorio e a favore degli amici degli amici”.

Insomma, non usa mezze parole Rizzi, in un duro attacco a quella che Formigoni ha sempre definito un’eccellenza. E che per Rizzi ha invece portato a sprechi per 1,5-2 miliardi di euro, “una montagna di soldi da ridistribuire all’interno del sistema sanitario regionale in funzione dei criteri di appropriatezza, efficacia ed efficienza. E non in funzione – ripete ancora – degli amici degli amici, come troppo spesso è accaduto in passato”. Una somma che ora andrà messa a disposizione dei territori, “in funzione dei bisogni dei cittadini”.

“Il nostro compito – continua il presidente della commissione Sanità – è di fare barriera nei confronti di questo malaffare e ricondurre il sistema all’interno di una serie di regole prestabilite che possano ricondurre al centro della dialettica politica la qualità, la meritocrazia e l’efficienza, invece che gli amici degli amici”. Un sistema che Formigoni ha difeso ancora oggi. “Aver messo Lombardia al quarto posto tra le Regioni per la sanità, quando siamo gli unici mai in deficit, è una porcata. Sono d’accordo con Maroni”, ha detto con un tweet, l’ex governatore commentando la possibile esclusione della Lombardia dalla terna delle Regioni italiane benchmark in sanità.

Il riferimento è alla “guerra” che si è aperta tra i governatori dopo che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha comunicato l’elenco delle cinque Regioni migliori, quelle sulle quali definire i criteri di qualità dei servizi sanitari da erogare, nonché l’appropriatezza e l’efficienza per determinare costi e fabbisogni in vista della scrittura del nuova Patto per la salute.

I criteri selezionati dal governo hanno portato ad individuare, nell’ordine, in Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia e Veneto le cinque Regioni migliori. Ma, all’interno di questa rosa, bisogna individuare le tre Regioni modello e su questo punto si è scatenato oggi lo scontro alimentato dallo stesso Maroni che è subito partito all’attacco. Tanto che la Conferenza delle Regioni ha chiesto nel pomeriggio, in Conferenza Stato-Regioni, che il punto venisse rinviato per ulteriori approfondimenti. Se ne riparlerà dunque a settembre, anche se il ministro per gli Affari Regionali, Graziano Delrio, sottolinea che “il Paese ha bisogno del nuovo Patto per la Salute, se i governatori hanno bisogno di più tempo per stabilire quali sono le tre Regioni benchmark va bene, ma bisogna decidere in fretta”.

Forse anche in vista degli esami a settembre intanto a Milano Rizzi garantisce che la nuova amministrazione volterà pagina. Per chiudere con quello che il presidente della commissione Sanità del consiglio regionale definisce “un sistema ospedalocentrico, con un’erogazione particolarmente valida dal punto di vista sanitario a livello ospedaliero, ma che ha disintegrato i servizi ai territori” . Invece bisognerà “andare a creare una rete ospedale-territorio diversificata che non parta dagli interessi privati, ma dai bisogni del cittadino”. Anche se, appunto, a Mantovani, non risulta nessun buco. “Io sono all’estero – si limita a replicare alle richieste di chiarimenti del fattoquotidiano.it -. Il direttore generale non mi ha parlato di nessun buco”.

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