Il canone Rai verso l’addio. Anzi no. Il viceministro allo Sviluppo Economico Antonio Catricalà sembrava aver lanciato l’idea durante un’audizione in commissione di Vigilanza Rai: “In Europa – spiega l’ex presidente dell’Antitrust – si va abbandonando il concetto di canone a favore di un’imposta generale sui media e questo potrebbe servire da faro di orientamento”. Salvo poi tornare sui suoi passi a stretto giro di posta, specificando che “in Italia esiste il canone e non sono in vista sistemi di finanziamento diversi”.

Catricalà ha detto che dopo la firma del contratto di servizio verrà aperto un tavolo sul canone. Alcuni Paesi – ha aggiunto – “hanno optato per una tassa a carico del nucleo familiare e questo va incontro alla convergenza tecnologica perché prescinde dal possesso dell’apparecchio”. Il viceministro ha sottolineato la necessità di porre rimedio “all’insopportabile livello di evasione del canone” e ha ricordato l’impegno a riaprire un tavolo ad hoc, non prima, però, della firma del nuovo contratto di servizio. “Il testo del contratto di servizio sarà portato in Vigilanza per ottenere il dovuto parere ai primi di settembre – ha annunciato Catricalà – E’ stato trasmesso ieri al direttore generale della Rai che lo porterà in consiglio di amministrazione”. Catricalà ha aggiunto che nella bozza del contratto sono presenti “norme sulla trasparenza dell’attività Rai, sulla possibilità di consentire la più ampia verifica anche sui costi, sulla non discriminazione all’accesso da parte dei rappresentanti della società civile, sulla puntualità di una maggiore e migliore rendicontazione, sulla chiara riconoscibilità dei programmi di servizio. Nel testo è anche prevista una norma per rispondere alle esigenze di trasparenza sui costi relativi agli stipendi dei dipendenti”.

Per il pagamento, ha spiegato il viceministro, “sono stati esaminati i sistemi usati in altri paesi, come la Grecia, dove il canone viene addebitato nella bolletta per i consumi elettrici. Qualcuno, trattandosi di un’imposta legata al possesso dell’apparecchio televisivo, ne ha chiesto il pagamento nella denuncia dei redditi, come fu previsto in Italia per un solo anno, il 1993, peraltro in presenza di una particolare situazione legislativa. In molti paesi si va affermando la tendenza a un progressivo abbandono del canone in favore di un’imposta generale sui media oppure con trasferimenti finanziari diretti dal bilancio statale. In altri casi (Austria, Germania, Finlandia, Irlanda, Svezia e Svizzera) il canone si sta trasformando in una tassa a carico del nucleo familiare, che prescinde dall’apparecchio utilizzato e che tiene quindi conto dell’evoluzione verso la convergenza tecnologica”, ha riassunto Catricalà chiarendo che “quale che sia la forma di finanziamento, e per ora esiste il canone e non sono in vista sistemi di finanziamento diversi, dobbiamo fare in modo che tutti paghiamo per rendere la Rai migliore”. Ma, più in generale, “la questione del finanziamento del servizio pubblico non può prescindere anche dalla necessità di contenere i costi e razionalizzare la spesa, continuando comunque ad investire in qualità di contenuti e competitività tecnologica“.

Catricalà ha comunque parlato chiaramente anche di “recupero di credibilità della Rai e dalla sua missione di servizio pubblico: più la gente crede nel servizio pubblico, più favorevolmente viene accolta la lotta all’evasione, più si recupera, maggiori sono gli introiti della Rai, minore è la sua dipendenza dalla pubblicità, più elevato è l’investimento nella produzione audiovisiva e nella cultura. Ed è questo un ulteriore motivo per rendere la Rai sempre più efficiente e capace anche come soggetto in grado di distribuire risorse pubbliche per finanziare tutta la produzione culturale del nostro Paese, e non solo l’audiovisivo, così da favorire la crescita qualificata di un settore in grado di sviluppare economia, valorizzando i suoi contenuti e i suoi prodotti anche in ambito internazionale e di attrarre investimenti per la sua attività” . 

Dopo l’incontro in vigilanza, però, Catricalà è tornato sulle sue parole: “Il canone non è in discussione. Dobbiamo fare in modo che tutti lo paghino per rendere la Rai migliore”. In merito al suo intervento, ha tenuto a specificare: “Non è vero che io abbia dichiarato una preferenza verso alcune delle forme di pagamento del servizio pubblico radiotelevisivo tra quelle vigenti in Europa; ne ho solo citate alcune a mero titolo di esempio. Ho anzi ribadito che attualmente nella nostra legislazione esiste il canone e che tutti i possessori di apparecchio televisivo sono obbligati a pagarlo. Quindi nessun giudizio di valore è stato espresso rispetto ad altri sistemi di finanziamento del servizio pubblico radio-tv vigenti in altri Paesi europei”.

 

 

 

Articolo Precedente

Crisi Rcs, entro fine anno la vendita della sede della Gazzetta dello Sport

next
Articolo Successivo

Editoria, New York Times torna in attivo con gli abbonamenti digitali

next