SOLDI TOLTI ALL’AZIENDA
I fondi accumulati all’estero con il meccanismo della lievitazione dei diritti non finivano come riserva, seppure occulta, per il gruppo, ma venivano sottratti al-l’azienda e messi a disposizione di Berlusconi, proprietario di Fininvest e poi azionista di Mediaset.

“È del tutto chiaro che i fondi costituiti all’estero, che sono uno dei risultati della complessiva illecita operazione di lievitazione del costo dei diritti, non erano tanto destinati (come spiega anche la sentenza Mills) a costituire una riserva per il gruppo medesimo, ma erano, invece, posti a disposizione della sua proprietà… Si trattava pertanto di fondi che venivano comunque sottratti a Fininvest, intesa come autonomo soggetto economico a cui avrebbero dovuto restare”.

BERLUSCONI “DOMINUS”
Sostiene la difesa: non si può imputare a Silvio Berlusconi la responsabilità delle scelte aziendali di Mediaset, perché negli anni in cui gli viene contestato un comportamento illecito era impegnato in politica e nelle istituzioni e dunque non si interessava alle decisioni imprenditoriali delle sue aziende. La sentenza ritiene provato il contrario.

“Nell’imputazione Berlusconi è indicato quale fondatore e, fino al 29 gennaio 1994, Presidente di Fininvest spa, proprietario delle societa off-shore costituenti il cosiddetto Fininvest B Group, azionista di maggioranza di Mediaset spa, figura di riferimento, a fini decisionali di Bernasconi e Lorenzano, nonché socio occulto di Frank Agrama. Il c.d. ‘giro dei diritti’ si inserisce in un contesto più generale di ricorso a società off shore anche non ufficiali ideate e realizzate da Berlusconi avvalendosi di strettissimi e fidati collaboratori quali Berruti (così aveva riferito la teste Cavanna), Mills e Del Bue nonché di alcuni dirigenti finanziari del Gruppo Fininvest. Era riferibile a Berlusconi l’ideazione, creazione e sviluppo del sistema che consentiva la disponibilità di denaro separato da Fininvest e occulto al fine di mantenere e alimentare illecitamente disponibilità patrimoniali estere presso conti correnti intestati a varie società che erano a loro volta amministrate da fiduciari di Berlusconi. (…) Successivamente, su ideazione di Del Bue (…), vengono create le societa maltesi Amt (questa società è formalmente costituita nel 1991 e formalmente terza rispetto a Fininvest), Medint (costituita nel 1994 e inclusa nel bilancio consolidato del Gruppo) e Lion, tutte seguite dalla Arner delle quali Berlusconi e il suo entourage sono i beneficiari economici; tali società risultano intermediarie di ulteriori compravendite di diritti frazionati e poi verranno sostituite con la costituzione di Ims, costituzione che, come si è visto, si è resa necessaria in vista della quotazione in Borsa di Mediaset per rendere ‘cristallino’ il bilancio consolidato del Gruppo Fininvest.

Vi è la piena prova, orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale per così dire del gruppo B e, quindi, dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off-shore di cui si è lungamente detto. Questa fase è stata condotta da persone di sicura fiducia del-l’imputato e quando Mills non ha potuto proseguire, a causa della vicenda Edsaco, i tramiti sono stati spostati a Malta sotto il controllo del Del Bue. II meccanismo di frode è proseguito, sotto la stessa regia, con ulteriori nuovi soggetti e con i metodi già sperimentati, secondo lo schema già collaudato, con la sola eccezione della graduale sostituzione delle consociate estere con i vari Giraudi ed altri. Anche la gestione del nuovo corso ha avuto come indiscussi protagonisti i soggetti preposti ai diritti e cioè Bernasconi e Lorenzano, già scelti dall’imputato. Berlusconi rimane infatti al vertice della gestione dei diritti posto che, come ha dichiarato il già citato teste Tatò, Bernasconi rispondeva a Berlusconi senza nemmeno passare per il Cda e nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nel settore dei diritti, neppure dopo la quotazione in borsa e la c.d. ‘discesa in campo’, nella politica, di Berlusconi. (…) II sistema ha infatti richiesto l’intervento di fiduciari stranieri di alto livello (Mills, Del Bue) a loro volta certo lautamente remunerati per il lavoro svolto; l’apertura di numerosissimi conti correnti presso banche ubicate in vari paesi; la creazione di numerose società all’estero; la contestuale movimentazione di ingentissime somme di denaro; il coinvolgimento di una pluralità di collaboratori; il raggiungimento di accordi illeciti con soggetti inizialmente estranei alla propria sfera d’influenza. Non è dunque verosimile che qualche dirigente di Fininvest/Mediaset abbia organizzato un sistema come quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per vent’anni truffe per milioni di euro senza accorgersene (non risultano invero denunce nei confronti di Bernasconi o Lorenzano). (…) Pertanto deve ritenersi che l’interposizione di tutte le suddette entità nelle compravendite dei diritti provenienti dall’estero sia stata ideata per il duplice fine di realizzare un’imponente evasione fiscale e di consentire la fuoriuscita di denaro dal patrimonio di Fininvest/Mediaset a beneficio di Berlusconi. (…) 

Vi è prova diretta e documentale, con riguardo al primo periodo, che il risultato dell’evasione era confluito nella piena disponibilità dell’imputato, per cui non vi è ragione di ritenere che qualcosa di diverso sia accaduto con riguardo ai fatti di cui al-l’imputazione. I rilevanti importi confluiti sui conti del ‘socio occulto’ Agrama costituiscono palese dimostrazione del mantenimento inalterato del precedente sistema di frode. Il ruolo comunque ricoperto da Berlusconi, di azionista di maggioranza e dominus indiscusso del gruppo, gli consentiva pacificamente qualsiasi possibilità di intervento, anche in mancanza di poteri gestori formali. La permanenza di tutti i suoi fidati collaboratori , ma anche correi, nei ruoli ed incarichi a loro continuativamente affidati ne costituisce la più evidente dimostrazione. In definitiva, secondo il Tribunale, deve affermarsi la responsabilità dell’imputato in ordine al reato ascrittogli”. 

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