Il Cavaliere e gli ermellini. E’ un quadro complesso, ambiguo. “In Cassazione mi hanno sempre assolto” ha millantato più volte Silvio Berlusconi, ma negli ultimi tempi sembra che l’affaire dei diritti tv gli rabbui lo sguardo e gli faccia dire: “Tanto mi condannano lo stesso”. Perché più volte dal Cavaliere, dal suo entourage e dal partito sono state citate le sentenze “favorevoli” del filone Mediatrade, che tratta la stessa materia del verdetto del 30 luglio, ma in relazione a periodi successivi. Dalla lettura attenta delle motivazioni di secondo grado della corte d’Appello di Milano emerge però che i giudici non solo non tengono in considerazione quei verdetti, ma rivendicano come il Tribunale di Milano abbia approfondito maggiormente il caso, trovando le prove – a suo giudizio – per sancire la colpevolezza. Inoltre le toghe, presiedute da Alessandra Galli, hanno unito in una unica storia i vari processi che hanno coinvolto Berlusconi nonostante gli esiti più diversi: assoluzioni e prescrizioni.

Il 30 luglio – a meno di una richiesta di rinvio o rinuncia alla prescrizione che potrebbe far slittare l’udienza – il collegio di piazza Cavour potrebbe già decidere se fu frode e se la condanna – 4 anni di reclusione e 5 di interdizione – vada confermata con il suo carico di conseguenze per la vita politica del senatore. Oppure dichiararlo innocente come ha sostenuto tutto il Pdl con un documento andato anche online sul sito del partito. L’unico vantaggio del Cavaliere potrebbe essere proprio la sezione feriale composta da giudici provenienti da sezioni specializzate in settori diversi dai reati fiscali. 

Mediatrade: assoluzione e prescrizione a Roma, proscioglimento a Milano. Sul tavolo dei giudici ci saranno tutti gli atti, ma la difesa proporrà anche le due decisioni che sono definitive e che sono legate con un filo rosso al processo Mediaset: i verdetti Mediatrade, emessi a Roma e Milano, che hanno visto l’ex premier uscire dalle aule indenne. Nel primo procedimento – il 27 luglio 2007 – il giudice per l’udienza preliminare di Roma Pier Luigi Balestrieri ha dichiarato la prescrizione per la frode fiscale relativa al 2003 e l’assoluzione per il 2004 sostenendo poi in motivazione che Farouk “Frank” Agrama, produttore e intermediatore, non era stato socio occulto di Berlusconi. In quello ambrosiano l’ex presidente del Consiglio è stato prosciolto, mentre gli altri imputati – Pier Silvio Berlusconi compreso – sono stati rinviati a giudizio dal giudice per l’udienza preliminare di Milano Maria Vicidomini. Ed è proprio considerare questi due verdetti “favorevoli” e confermati in Cassazione (nel procedimento del gup di Roma il ricorso della Procura è stato dichiarato inammissibile, nel caso del procedimento milanese il ricorso del pm è stato rigettato) che ci potrebbe essere una insidia per il Cavaliere, oltre le prove che i giudici di primo e secondo grado hanno considerato per condannarlo.

I giudici d’appello sui due verdetti: “Analisi Tribunale più complessiva”. Il giudice milanese, nel prosciogliere Berlusconi nella vicenda Mediatrade, ha delimitato temporalmente il suo ruolo lasciandolo fuori dal perimetro dei reati contestati tra il 2002 e il 2005, ma descrivendo come genesi di questo procedimento proprio la vicenda “diritti” su cui decideranno gli ermellini. Insomma i reati che coinvolgono Berlusconi sono tutti o quasi lì, ma ci sono. Tutti gli altri imputati, a conferma dell’impianto accusatorio, sono sotto processo. Il giudice romano invece sancisce una prescrizione per la dichiarazione dei redditi fraudolenta in cui per l’accusa erano stati indicati 7.793.775 “elementi passivi fittizi”. Quindi reato commesso, ma non più punibile. 

Ebbene proprio i giudici di secondo grado del processo Mediaset hanno già affrontato con una punta polemica la questione delle due sentenze “pur confermate in Cassazione su fatti sostanzialmente analoghi che avevano dubitato la sussistenza sul ‘giro diritti’ e che avevano dubitato della sussistenza della prova sulla responsabilità dell’imputato Berlusconi, considerandolo estraneo alla gestione del gruppo a partire dalla sua scelta di entrare in politica. “Tali decisioni non esimono – si legge nelle motivazioni – infatti questa corte dalla puntuale verifica del quadro probatorio offerto e discusso dal Tribunale, con la sentenza oggetto del presente gravame, e all’esito della quale dovranno essere prese le conclusioni che tale materiale imporrà, senza pedissequamente seguire gli altri accertamenti giudiziali, che, è dato pacifico posto che altrimenti vi sarebbe decisione di proscioglimento per il divieto di giudicare due volte la medesima condotta, riguardano condotte ulteriori, che attengono a un diverso periodo di tempo, e che sono fondate su un substrato probatorio che nulla prova essere identico”.  

Già sancita dalla Cassazione nel 2008 prescrizione per Agrama. I magistrati, dopo aver separato gli ambiti, rivendicano in motivazione un approfondimento impossibile in sede di udienza preliminare rispetto al vaglio dibattimentale: “Non risultando poi che le pronunce in questione abbiamo posto a loro fondamento un’analisi più complessiva della vicenda così articolata come quella proposta dal Tribunale, solo all’esito della quale si può affermare di essere, compiutamente, riusciti a comprendere i reali contenuti, le reali dinamiche dell’intera vicenda. E, a comprendere, adeguatamente le ragioni”. Le toghe ricordano poi un elemento importante e in qualche modo in contraddizione con quei giudizi: “I precedenti giurisprudenziali, che si collegano al presente giudizio, sono, poi comunque di segno opposto visto che, a fronte degli indicati proscioglimenti, vi è pure il diverso giudizio espresso dalla sentenza della Cassazione del 2008 su ricorso dell’imputato Agrama (n° 39176 del 24 settembre 2008 depositata il 20 ottobre 2008 di conferma della prescrizione sulle precedenti annualità) che conferma sia dell’impianto accusatorio sostenuto dallo stesso collegio del Tribunale sul medesimo quadro probatorio, sia l’esatta qualificazione delle condotte nella cornice di diritto disegnata dalla pubblica accusa”. E l’accusa sostiene che l’imputato Agrama fosse “socio occulto” di Silvio Berlusconi. 

Mills, il comparto estero, le tangenti Gdf, Craxi e infine i diritti. Sempre i giudici  d’appello in motivazione trattano come un unicum la storia giudiziaria meno recente di Berlusconi ricordando che la sentenza Mills (con le due prescrizioni sancite in Cassazione per l’avvocato inglese e in primo grado per il leader del Pdl) “dà innanzitutto conto della presenza di società estere (gestite da Mills e dai suoi collaboratori) destinate a rimanere occulte (e quindi costituite in “paradisi fiscali”) perché create per raggiungere scopi quantomeno elusivi della normativa italiana, in specie della legge “Mammi'” (che dettava i limiti al possesso delle reti televisive) … Il gruppo Fininvest era poi talmente riservato – osservano i giudici – e tale doveva assolutamente rimanere, che si era provveduto a corrompere la Guardia di Finanza (processo Arces, ndr) affinché non ne venisse svelata l’esistenza… Alcune delle destinazioni di rilievo penale di quelle disponibilità economiche erano state erano state peraltro accertate (e, in esse, anche il diretto coinvolgimento di Berlusconi, solo prosciolto per prescrizione del reato)”. I magistrati citano ampi stralci di quella sentenza e anche il riferimento ai fatti “relativi all’illecito finanziamento in favore di Bettino Craxi da parte di Fininvest, tramite All Iberian, erano stati, sulla base di plurime prove testimoniali e documentali definitivamente dimostrati (visto che la sentenza di primo grado di condanna dei vertici della società e fra di essi Silvio Berlusconi, non è stata riformata bel merito ma per intervenuta prescrizione…). Secondo le toghe del processo Mediaset “laddove nel processo Arces appena citato, non si era giunti a risalire la catena delle responsabilità fino a Berlusconi ciò era, appunto, dovuto alla colpevole reticenza dell’avvocato Mills”. Pagato con 600mila dollari perché mentisse appunto in quei processi.

Dopo l’excursus i giudici formulano la loro conclusione: l’avvocato inglese crea le società estere in cui confluiscono fondi per pagare anche i politici; per evitare che vengano fuori gli illeciti vengono corrotte le Fiamme Gialle, e quei fondi neri vengono costituiti anche grazie alle frodi sui diritti tv: “Il gruppo Fininvest, e più precisamente il suo fondatore e dominus, con l’aiuto tecnico dell’avvocato Mills, aveva costituito una galassia di società estere, alcune delle quali occulte, e che occulte dovevano restare (tanto da corrompere gli inquirenti che rischiavano di scoprirle) anche perché parte di tali fondi era stata utilizzata per scopi illeciti: dal finanziamento, occulto, a uomini politici (Craxi, ndr), alla corruttela degli inquirenti, alla corresponsione di somme a testi reticenti. Rimaneva però impregiudicata – la sentenza Mills non se ne era occupata perché non era un accertamento rilevante per la prova di quel processo – la questione del modo in cui questi fondi si erano costituiti, di come i conti di queste società erano alimentate. Domanda questa a cui quanto si dirà sul ‘giro diritti’ è destinato a dare una almeno parziale risposta”.  Ovvero prezzi gonfiati, fatture in alcuni casi false, retrocessioni di somme su conti dei dirigenti frodando il fisco e mettere da parte riserve di denaro. Con la conseguente condanna di Berlusconi e alcuni dei suoi coimputati. 

La sezione feriale e il collegio nominato da ex testimone nel processo Previti. La fissazione dell’udienza Mediaset al 30 luglio – se la difesa dovesse decidere di non chiedere il rinvio – potrebbe al di là delle grida di indignazione per la velocità mostrata essere un vantaggio per l’imputato che ora è difeso anche da uno dei migliori cassazionisti, il professor Franco Coppi. La sezione feriale è infatti composta da giudici provenienti da più sezioni (c’è anche una toga della sezione civile), che quindi non hanno competenze specifiche sulla materia ed è stata scelta dal primo presidente della Cassazione, Giorgio Santacroce, la cui nomina da parte del Csm era stata molto sofferta forse anche a causa della sua vicinanza in passato all’avvocato Cesare Previti. L’avvocato Franco Coppi, a differenza del collega Niccolò Ghedini, sembra ottimista: “E’ una causa nella quale abbiamo validi argomenti e confidiamo di riuscire a convincere la Corte della non configurabilità del reato”. 

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