Chiariamo l’ex deputato Nicola Cosentino non è un uomo libero. Sbaglia chi lo afferma. L’ex sottosegretario, infatti, è stato tradotto dalla polizia penitenziaria dal carcere di Secondigliano, dove era detenuto dal 15 marzo scorso, da quando cioè, con l’insediamento degli eletti del nuovo Parlamento è decaduta la sua immunità, a Sesto Campano. Qui in Molise, la famiglia Cosentino ha preso in fitto una villa dove Nick ‘o mericano è posto in regime di detenzione domiciliare. Il beneficio giudiziario gli è stato concesso dai giudici del collegio del tribunale di Santa Maria Capua Vetere e riguarda il processo “Il Principe e la scheda ballerina”, dove l’ex deputato è imputato per reimpiego di capitali illeciti e corruzione per favorire il clan dei Casalesi. La prescrizione è tassativa: l’imputato deve possedere un domicilio in una località al di fuori della Campania e del Lazio. Il “là” lo hanno dato i giudici della Cassazione scrivendo tra l’altro: “le organizzazioni camorristico-mafiose non hanno interessi a servirsi di politici bruciati”. Insomma l’uomo politico che ha contribuito a far vincere il Pdl a livello nazionale, eleggendo nel 2008 in Campania ben 38 deputati e 14 senatori, rastrellando oltre un milione e seicentomila voti, pari al 12 per cento del consenso totale dell’armata costruita da Silvio Berlusconi è un politico bruciato a cui i clan non si rivolgono più.

Sarà anche vero, ci mancherebbe, ma Nick ‘o mericano nonostante le disavventure giudiziarie non è proprio un “Re nudo” tanto è vero che – prima della detenzione e del timbro di impresentabile – alle ultime consultazioni ha personalmente compilato le liste elettorali. C’è una “Corte di miracolati” che deve tutto a Cosentino. Stesso discorso per i tanti politici locali e nazionali che all’ombra dell’ex sottosegretario hanno fatto una brillante carriera. Sembra un paradosso ma non lo è. L’ex coordinatore esce molto rafforzato dall’esperienza carceraria. Sono in tanti a riconoscergli grinta, temperamento, autocontrollo e carisma. Un leader è leader nei momenti difficili. Nick ha accettato l’umiliazione della cella. Si è sacrificato per altri. Non ha accettato – come invece ha fatto per esempio l’ex senatore Sergio De Gregorio – la facile salvezza facendo i nomi. Cosentino è stato impassibile, concentrato, paziente. E’ bruciato come politico perché si è spogliato dalla sue cariche e non si è presentato alla competizione elettorale ma certo non si può dire che l’ex onorevole di Casal di Principe non goda ancora di un forte consenso, anzi. Forse anche i camorristi ora lo rispettano di più: in gattabuia ha seguito alla lettera le loro regole, quelle non scritte. Per lui in Parlamento sono in tanti a rimboccarsi le maniche. E’ un lavorio accurato. Sponda dopo sponda l‘importante è mettere la palla nella buca.

L’accusa più insidiosa per Cosentino è quella di concorso esterno in associazione camorristica nel cosiddetto processo “Eco 4”. Un capo d’imputazione che suona come un marchio impresso a fuoco nella carriera di un politico. Gli amici degli amici non stanno a guardare. L’assalto alla diligenza è continuo. Bisogna spostare i paletti delle normative. Dare un nuovo perimetro al reato di associazione. Le truppe d’assalto della “pacificazione nazionale” ci hanno provato con un colpo estivo. Il trucco è il solito: tra le righe scrivere un aggettivo furbastro e un codicillo-cavallo di Troia. Erano pronti a riformulare la norma del reato di voto di scambio. Zitti, zitti, cacchi, cacchi c’erano quasi riusciti. Attualmente nel patto tra il politico e il camorrista, il pm deve dimostrare che il candidato ha acquistato con soldi i voti dal boss. Mi chiedo e chiedo ma secondo voi i Casalesi dal sistema di potere di Cosentino volevano i soldi? Non rido perché c’è solo da piangere. I camorristi, i mafiosi vedono i politici come facilitatori di affari, che alle loro richieste devono prontamente rispondere. I clan, le cosche sostengono politici talentuosi e consentitemi “bruciati” ma d’onore per costruire il loro di “potere”: appalti, sub appalti, concessioni, autorizzazioni, variazione dei piani regolatori, leggi ad hoc, business. Se mai è il clan a dare il denaro alla corrente del politico, al suo partito e alla sua coalizione. La strategia è chiara: così facendo si ottiene molto di più e si garantisce un potere decisionale che condiziona la stessa democrazia.

Parole esagerate? Scusate ma l’emergenza rifiuti in Campania durata per oltre 20 anni cos’era? Se non un “casotto” creato ad arte dove di fronte alla munnezza in strada i clan, i politici di riferimento e i partiti avevano nei fatti un forte condizionamento dei governi nazionali oltre che locali. Ritorniamo al punto di partenza: l’ex deputato Nicola Cosentino non è un uomo libero. Al di là delle manovre di palazzo e dei verdetti dei processi l’ex sottosegretario è colpevole a prescindere. Da uomo del Sud, i tanti Cosentino non hanno aiutato il Mezzogiorno d’Italia a liberarsi dai tanti mali atavici anzi quei mali hanno contribuito a metterli a sistema facendoli diventare una “gioiosa macchina di distruzione” delle nostre sfortunate e disperate terre. Qui da noi le parola speranza e onestà della politica sono state cancellate dal vocabolario. Resta solo rabbia, rabbia e ancora rabbia.

Articolo Precedente

Ostia, il business di Cosa nostra e “il circuito degli affari presentabili”

next
Articolo Successivo

Venezia, crociera sbanda e sfiora la riva a pochi metri da piazza San Marco

next