Il governatore di Bankitalia Ignazio Visco ha assicurato nei giorni scorsi che la ripresa dell’economia è in arrivo entro fine anno, ma i dati lo smentiscono. Così, mentre l’Istat pubblica ogni mese numeri ben poco rassicuranti, anche sul fronte del lavoro gli indici sono in picchiata. L’ultimo allarme è del sistema Excelsior di Unioncamere e ministero Lavoro, che prevede una perdita di 250mila posti nel 2013, con 112mila contratti in meno rispetto all’anno precedente.

Le 750mila assunzioni complessive previste dalle imprese dell’industria e dei servizi non compenseranno infatti il quasi milione di uscite tra pensionamenti, licenziamenti e cessazioni, messo a bilancio per l’anno. Non sembra quindi ancora alle porte la ripresa economica, come ha confermato nel frattempo la Cisl. “La crisi economica non dà segni rilevanti di ripresa e le conseguenze sociali diventano sempre più gravi soprattutto per i lavoratori, i giovani, le donne, i pensionati, le persone più deboli e povere, le famiglie, nel Sud più che nelle altre parti dell’Italia”, rileva la confederazione sindacale, sottolineando che “in autunno la situazione potrebbe aggravarsi ulteriormente”.

Tenta di gettare acqua sul fuoco, invece, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini. “Nonostante la crisi con una riduzione del Pil prevista intorno al 2% per quest’anno i dati Excelsior dimostrano come le aziende stiano cercando di mantenere mano d’opera”, ha spiegato, “visto che la riduzione occupazionale registrata equivale più o meno a un calo dell’1%”. E ha precisato come ci siano aziende “che stanno crescendo, come quelle orientate all’export”.

Le parole del ministro non bastano però a calmare le preoccupazioni degli italiani, che credono sempre meno alle promesse sulla fine della crisi. L’indice di fiducia degli italiani si attesta infatti a quota 41, ampiamente al di sotto di quello medio europeo che si attesta a quota 71 e di quello globale a 94. L’Italia si posiziona così, in Europa, terz’ultima per indice di fiducia, dopo la Croazia con il 45 e prima del Portogallo con 33. Il dato, diffuso da Nielsen, è al di sotto di quello del primo trimestre del 2013, anche se in linea con quello registrato nello stesso periodo del 2012.

Sul tema recessione emerge anche che la totalità degli italiani si dimostra ben consapevole della gravità della congiuntura, a differenza di quanto si rileva in Europa, dove un quarto degli intervistati (26%) dichiara che il proprio Paese non è investito dalla crisi economica. Il 57% degli italiani non prevede, nei prossimi 12 mesi, un miglioramento della situazione economica (media Europa 64%). Nel trimestre precedente il dato era del 54%, nello stesso periodo 2012 del 53%. In linea con la media europea e pari all’11% è invece la percentuale di quanti intravedono margini di superamento della crisi. Oltre un terzo (32%) risponde di essere incerto sull’evolversi dello scenario, contro una media europea del 26%.

Tornando ai dati diffusi da Unioncamere, il Nord-Est è l’area che esprime un’inclinazione più diffusa ad assumere: la quota sul totale delle imprese qui ammonta al 15,1%, mentre nelle altre ripartizioni è compresa tra il 12% del centro e il 12,9% del Nord-Ovest. Risulta invece più elevata, arrivando a poco meno di un quarto del totale, la propensione ad assumere tra le imprese esportatrici e tra quelle che hanno intenzione di procedere alla realizzazione di nuovi prodotti e servizi, innovando il processo produttivo e organizzativo.

Tra i diversi settori, quello che primeggia per propensione ad assumere è il chimico-farmaceutico, seguito dalle industrie della gomma e delle materie plastiche. Tra i servizi, la quota più significativa di imprese che assumono si rileva nella sanità e assistenza sociale, quindi tra i servizi finanziari e assicurativi.

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