In ambito vinicolo, e specie in ambito legislativo, i francesi sono avanti. Lo dimostra anche la recente proposta del senatore Roland Courteau, esperto di viticoltura, assieme ad altri colleghi, che ha presentato un progetto di legge al fine di prevedere una distinzione legale fra pubblicità e articoli in materia di informazione vinicola. Un passo alquanto singolare e unico che si propone di non “confondere gli avvisi commerciali con gli articoli redazionali che, in realtà, sono informazioni oggettive scritte da giornalisti”.

Un’esigenza che nasce a seguito di un rapporto scientifico interministeriale che vuole vietare la pubblicità delle bevande alcoliche su internet e sui cartelloni nella rete stradale o nei luoghi pubblici. Oltre a inasprire le tasse sugli alcolici e i messaggi sui pericoli per la salute legati al consumo di alcol. Tutto ciò senza fare alcuna distinzione fra il vino e, ad esempio, i superalcolici. Un divieto che secondo il senatore Courteau sarebbe basato “su un comportamento comune scorretto, l’abuso di alcol, ma che colpevolizza chi ne consuma in maniera responsabile. Inoltre 30 anni di ricerca e attività scientifica mostrano che un consumo moderato e regolare di vino fa bene alla salute”. Da qui è nata petizione su change.org.

Un divieto che però rischia di mettere in crisi non solo il settore pubblicitario ma anche esperti e appassionati presenti in rete. Infatti, nel 2007, il tribunale di Parigi ritiene due articoli sul tema vino, corredati di foto, un prodotto pubblicitario, perché incitano il lettore al consumo. Sono dunque assoggettabili alle prescrizioni legislative francesi in tema di salute pubblica, fra cui quella di indicare i rischi dell’alcol.

Courteau ha paragonato queste norme a un “regime” restrittivo che può ostacolare la libertà di espressione dell’individuo. E incoraggiare la censura. Ad esempio, anche per le riviste dei consumatori quando pubblicano un articolo che compara la qualità e il prezzo dei vini. Pertanto il senatore propone di “distinguere la pubblicità commerciale, ideata e pagata da un inserzionista, dalla pubblicità redazionale, che è informazione oggettiva di un giornalista indipendente”. Ciò scamperebbe anche la stampa vinicola dall’estinzione. Non sia mai che i francesi riescano a separare il giornalismo dal marketing, almeno in tema di vino. Di certo sarebbe un precedente importante per tutti i settori dell’informazione.

 

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