I due temi più ricorrenti nel blog, l’etica, la sua centralità, da un lato e, dall’altro, la vocazione minoritaria come resistenza alla prepotenza del potere costituiscono il sotterraneo fil rouge di un libro bellissimo, curato mirabilmente da Isabella Adinolfi, ‘I volti moderni di Gesù‘ (Quodlibet, 2013).

Nel saggio di Marco Fortunato, ‘Il Gesù di Nietzsche: un principe dell’interiorità inquietante e anticristiano’, anche Nietzsche riconosce in Gesù il più nobile degli uomini, il paradigma del buono e del giusto, il campione dell’etica; vediamo però che la vera e ultima parola del suo insegnamento (o della sua lezione esistenziale) consiste nell’andare consapevolmente verso la morte, nell’andare a farsi uccidere, quasi a volere farsi uccidere. Del resto, credo sia un’analogia convincente, nel suo ‘piccolo’, quella con Pier Paolo Pasolini – figura “cristologica” della cultura italiana. Pier Paolo Pasolini non diede forse la netta impressione di voler creare le condizioni per essere, prima o poi, assassinato? I credenti, ovviamente offrono una spiegazione diversa, affermando che la salvaguardia della libertà umana implicava l’accettazione della crocifissione. Ma forse, come suggerisce Marco Fortunato, c’è ancora qualcosa di più. Forse Gesù ha voluto effettivamente farsi espellere dal mondo, perché sentiva che tener duro, conservarsi significa esercitare antiteticamente il proprio egoismo e applicare la forza, ossia porsi in sintonia con la nota più immorale di questo mondo in cui, come scrive con sottile orrore Simon Weil, non esiste altra forza che la forza.

Ulteriore problema: Gesù è un vincente o un perdente? Sta, come la maggior parte degli uomini con il Potere o rappresenta un’eccezione che lo contesta? Da un lato, Gesù si richiama costantemente a Dio Padre, dice di parlare per Suo conto. E Dio è la figura del Potere per eccellenza; ben difficilmente si potrebbe concordare con quel personaggio di Nebbia di Unamuno, che, essendo insieme anarchico e credente, pretende di annettere nel suo schieramento pure Dio , arrivando a definirlo il primo degli anarchici. Certo, la religione cristiana insegna che Dio è nel contempo onnipotente e infinitamente buono, ma non esistono forse prerogative più reciprocamente incompatibili della potenza e della bontà. Inoltre, Gesù finisce sì crocifisso, ma su di lui si fondano una religione , una Chiesa, il cui influsso sulla storia della civiltà e della cultura è stato di incomparabile forza.

Ma, dall’altro, essendo il mondo reale esattamente quello che Nietzsche definisce – in uno straordinario frammento postumo –  un mostro di forza somigliante a una colossale e inattaccabile sfera di bronzo, un uomo come Gesù, che spinge verso la sua espulsione dal mondo, non è forse un esemplare figura nel contempo della marginalità – tanto votato a essa che si adopera addirittura per uscire dalla scena del mondo – e della radicalità nella contestazione del Potere? Torna qui in gioco la vexata questio : se Gesù non sia per caso il massimo rivoluzionario di tutti i tempi. Forse lo è proprio nella misura in cui il suo insegnamento, culminante con il suo sacrificio, presume una tale radicalità e una tale purezza e bellezza (si può consultare in proposito il notevole catalogo, pubblicato nel 2000 dalla Silvana editoriale, Gesù. Il corpo, il volto nell’arte) da risultare palesemente inattuabile, ponendosi perciò in controtendenza nei confronti del mondo fino al punto di esigerne non una mera emendazione, ma l’abbandono, la negazione.   

 

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