Solo 1,8 milioni di euro di tasse pagate. Assomiglia a un dribbling vero e proprio quello di Google al fisco italiano. Nel 2012 la controllata Google Italy ha pagato all’erario la stessa cifra versata nel 2011. Le strategie fiscali del colosso di Mountain View – un fatturato nel mondo da 50 miliardi di dollari e un utile di oltre 10 – sono nel mirino di molti Paesi europei. E guarda caso nei giorni scorsi al vertice del G20 di Mosca, l’Ocse ha annunciato l’elaborazione di un piano d’azione comune per debellare la pratica dell’elusione fiscale – attraverso artifici contabili e legali – da parte delle multinazionali. La richiesta è arrivata all’Ocse dagli stessi membri del G20 e come ha sottolineato Angel Gurria, segretario dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, si tratterà del piano più ambizioso dell’ultimo secolo, “un punto di svolta nella storia della cooperazione fiscale a livello internazionale”. Gurria, del resto, ha fatto l’esempio di Google, Apple e Amazon – tre colossi finiti al centro delle polemiche per le loro pratiche fiscali e i cui rappresentanti sono stati presenti all’ultimo summit del G8 in Irlanda del Nord. In conferenza stampa congiunta con Gurria, i rappresentanti di Germania, Francia, Gran Bretagna e Russia hanno espresso pieno sostegno al piano, sottolineando di aspettarsi un via libera dai leader del G20 nel vertice di settembre a San Pietroburgo. L’Italia, invece, ha preferito tacere. Oggi però, dopo la notizia delle tasse soft pagate dal colosso di Mountain View, il discorso potrebbe cambiare.

Il fatturato di Google Italy, che nel 2012 ha realizzato 52 milioni di ricavi e un utile di 2,5 milioni, è rappresentato quasi esclusivamente da servizi prestati alla filiale irlandese Google Ireland, vera macchina da soldi che incassa i ricavi pubblicitari del colosso. Attraverso una attenta pianificazione fiscale, Google è infatti riuscita già in passato a limitare al minimo il pagamento delle tasse, suscitando le ire di Paesi come Gran Bretagna, Francia e Italia, nelle cui casse ha versato importi irrisori. Nel novembre del 2012 l’allora sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, rispondendo a un’interrogazione parlamentare, aveva annunciato l’avvio da parte della Guardia di Finanza di una verifica straordinaria sulla filiale italiana di Mountain View, mentre l’Agenzia delle Entrate era al lavoro sull’esito di una precedente ispezione della Gdf, da cui era emerso che, tra il 2002 e il 2006, Google Italy aveva registrato redditi non dichiarati per circa 240 milioni (con un risparmio di 70 milioni di tasse) e Iva non pagata per 96 milioni di euro.

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