Nonostante l’insabbiamento ottenuto grazie a una stampa fiorentina generalmente compiacente, la vicenda del noleggio di Ponte Vecchio a Luca Cordero di Montezemolo rimane ancora assai oscura. Matteo Renzi ha annunciato querela contro il senatore del Movimento 5 Stelle Maurizio Romani, reo di aver testualmente ripetuto in Senato le parole del comunicato stampa di Ornella De Zordo, la consigliera comunale che ha denunciato la vicenda. Ma il sindaco sa bene che nessun parlamentare può essere processato per opinioni liberamente espresse in aula, e dunque sa che non sarà mai costretto a tirare fuori le carte. E infatti si guarda bene dal rispondere a queste tre domande: 1) Esiste un documento che attesti il versamento di 120 mila euro da parte della Ferrari al Comune di Firenze? 2) Esiste la documentazione del taglio di 120 mila euro che le vacanze dei bambini disabili fiorentini avrebbero subìto da parte di un non meglio precisato ente? 3) Perché l’obbligo di lasciare tre metri e mezzo per il passaggio sul Ponte dei mezzi di soccorso (obbligo disatteso, come testimoniano le foto del banchetto) è stato notificato alla Ferrari solo il giorno dopo l’evento?

Ma tutto questo non impedisce a Firenze di scivolare sempre più giù, lungo la china della prostituzione dei suoi monumenti. Ora tocca alla soprintendente Cristina Acidini, la quale ha convocato una riunione per il prossimo 23 luglio nella quale presentare il tariffario per la “concessione in uso dei beni culturali per eventi”. Ma quanto costa comprare ciò che non ha prezzo? Quanto costa privatizzare pro tempore un bene comune? Quanto cosa piegare al lusso ciò che dovrebbe produrre eguaglianza?

Ecco il finissimo prezzario: se volete fare un cocktail nella Grotta del Buontalenti a Boboli, ve la cavate con 5.000 euro (e 100 di luce: oppure vi portate le candele). Se invece siete in vena di concedervi una cena nel Cortile dell’Ammannati di Palazzo Pitti dovete sborsarne 15.000. Volete esagerare? Volete mangiarvi una ribollita vicino alla Madonna della Seggiola di Raffaello, nella Galleria Palatina di Pitti? Beh, sono 10 mila, ribollita esclusa. E se invece vi accontentate di un mojito sotto le volte di Pietro da Cortona, ne bastano 7.000. Volete fare l’addio al celibato in compagnia della Venere di Botticelli, agli Uffizi? Prezzi popolari, considerando la location: per un cocktail 5 mila, per una cena fanno 10 mila. La povera Venere, insomma, non costa tanto di più di una olgettina qualunque. Se poi siete uno stilista e volete replicare i fasti dell’anno scorso facendo una bella sfilata tra i quadri e le statue dei Medici mettete in conto 150.000 euro (qualcuno in soprintendenza legge il giornale: l’anno scorso erano solo 30.000, e la cosa fece scandalo).

Se invece volete regalare agli amici uno spettacolo, dipende: il tariffario prevede che se è “teatrale”, il Cortile dell’Ammannati di Pitti vi costa 5.000euro, se è “culturale” (e la differenza la sa iddio) vi si fa uno sconticino, e fanno 3.000. Se poi volete farci una non meglio definita “manifestazione” (contro la Kyenge, per esempio) preparatene ventimila.

Il tutto è ancora più grottesco quando si rammenta che la Corte dei conti chiede 600 mila euro di danno erariale alla stessa soprintendente di Firenze per aver fatto sborsare allo Stato 3 milioni e 250 mila euro per un crocifisso “di Michelangelo” che ne valeva (parola del responsabile scultura di Christie’s interpellato dalla Corte) al massimo 85 mila. E uno pensa: ma tutta questa abilità contabile, allora, dov’era? Il punto, tuttavia, non è questo. Il punto è il progetto che abbiamo sul nostro patrimonio storico e artistico: serve a educare, a promuovere il pieno sviluppo della persona umana (parole della Costituzione), a renderci tutti eguali? O serve invece a fare un po’ di soldi alla meno peggio, come capita alle famiglie decadute che affittano la villa per i matrimoni?

E c’è poi un piccolo problema di decoro nazionale: affittare gli Uffizi per eventi privati è come se il Senato Accademico della Sapienza si affrettasse a fissare i prezzi per il noleggio dell’Aula Magna per battesimi e cresime, o se Napolitano affiggesse sull’uscio del Quirinale il listino dell’affitto per il Salone delle Feste, o se la Boldrini noleggiasse il Transatlantico per cene eleganti. E le nostre Soprintendenze cosa sono: organi di ricerca e tutela, o gestori di camere a ore? A quale scopo laureiamo giovani archeologi e storici dell’arte: perché aumentino il nostro tasso di civilizzazione, o perché organizzino il lusso privato?

Può essere che tutto ciò sembri a qualcuno una “modernizzazione” della gestione del nostro patrimonio storico artistico: a molti altri, in Italia e all’estero, sembra invece l’ultimo stadio di un Paese finito, che raccoglie le ultime elemosine col piattino in bocca. Per non pensarci, possiamo sempre prenderci una sbronza: in un Cimabue Cocktail Party agli Uffizi, ovviamente. 

Articolo Precedente

Cibo scaduto, solo il 27% degli italiani lo consuma. Nord europei meno spreconi

next
Articolo Successivo

Royal Baby, beato un popolo che non ne ha bisogno

next