E’ stato arrestato ieri sera a Panama Bob Seldon Lady, l’ex capocentro della Cia a Milano condannato in Italia a sei anni di reclusione per il sequestro dell’imam Abu Omar, prelevato in una via della periferia di Milano il 17 febbraio 2003 in un’operazione di extraordinary rendition nell’ambito della “guerra al Terrore” condotta dagli Stati Uniti. Seldom Lady, fermato dalla locale polizia di frontiera, a quanto si apprende in arrivo dal Costa Rica, era l’unico dei 23 agenti della Cia condannati per quell’episodio sui quali pendeva un mandato di cattura internazionale. 

A dicembre del 2012 il ministro della Giustizia Paola Severino aveva infatti deciso di diffondere le ricerche in campo internazionale solo nei suoi confronti, mentre per gli altri, tutti condannati a pene inferiori ai quattro anni, non aveva firmato la richiesta della procura generale di Milano. L’attuale ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri ha firmato la richiesta di fermo provvisorio e ora ci sono due mesi per chiedere l’estradizione dello 007 Usa. Che a causa del processo si è visto sequestrare una villa sul lago in Piemonte. Nelle motivazioni della Cassazione che confermarono la condanna degli agenti Cia i supremi giudici ricordano il ruolo di Lady: “Si deve necessariamente concludere che l’eventuale partecipazione di agenti del Sismi al rapimento di Abu Omar avvenne a titolo personale, cosa che non deve apparire strana dal momento che anche un maresciallo dei Ros, Luciano Pironi (unico a patteggiare la pena per il sequestro, ndr), partecipò all’operazione come ebbe a riferire lui stesso, perché coinvolto dal dirigente della Cia, Robert Lady, con la promessa di un ‘aiuto autorevole’ per poter divenire agente dei servizi di informazione”. Per le toghe ci fu anche il fattore ‘raccomandazione’ tra le leve motivazionali che avrebbero spinto singoli uomini delle forze dell’ordine italiane ad aiutare la Cia nel rapimento dell’imam egiziano.

Nato a Tegucigalpa nel 1954, Robert Seldon Lady era noto negli ambienti dell’intelligence americana e a Milano, dove è stato per anni il capo sezione della Cia, con il nickname “Mister Bob”. Cresciuto in Honduras, una volta tornato negli Stati Uniti ha lavorato negli anni ’70 nel dipartimento di polizia di New Orleans. E dopo 24 anni di servizio nella “company”, come viene chiamata in gergo la Cia, Seldon Lady era andato in pensione nel settembre del 2003 e, insieme alla moglie Martha, si era ritirato nella sua villa vicino ad Asti. Ed è stato in questa villa che la polizia italiana non aveva trovato nessuno quando si è presentata con un mandato di arresto. Da allora Lady è stato localizzato negli Stati Uniti, in particolare in Florida, in Honduras, paese in cui è nato, e in altri paesi dell’America meridionale. In diverse interviste rilasciate prima e dopo la condanna “Miste Bob” si è sempre proclamato innocente, sostenendo di non “essere responsabile per aver attuato gli ordini ricevuti dai superiori” e riconoscendo di aver partecipato ad un’operazione illegale ma nell’ambito della guerra al terrorismo.

Fu Lady, insieme ad altri 007 – e in particolare Jeff Castelli (capo della Cia in Italia), Sabrina De Sousa e Ralph Russomando – a organizzare e coordinare le operazioni degli agenti Cia per la “rendition” dell’imam finito nel mirino perché sospettato di terrorismo. Lady non era presente nel luogo del sequestro né si recò ala base di Aviano, ma risulta presente in Egitto in concomitanza con l’arrivo con l’arrivo di Abu Omar ed ebbe un ruolo centrale nel ‘dietro le quinte’ di un’azione che ebbe come effetto quello di interrompere le indagini che la procura di Milano stava conducendo sull’imam in merito alla sua partecipazione ad organizzazioni fondamentaliste islamiche. Lady fu anche un anello di congiunzione rispetto al Sismi, i servizi italiani, che cooperarono all’azione. “Certamente fu un’operazione illegale, ma è il nostro lavoro”, dichiarò “Mister Bob” in un’intervista al New York Times. In un primo tempo, nel tentativo di evitare il processo in Italia, Lady invocò l’immunità diplomatica, ma la richiesta venne rigettata. Nel settembre 2003 si ritirò con sua moglie in una località vicino a Asti, Penago, ma quando la polizia organizzò un blitz per catturarlo nel giugno 2005 non era più lì. Il 26 gennaio 2007, su richiesta dei pm, la sua villa fu sequestrata a scopo cautelativo per coprire le spese giudiziarie. Il processo, ovviamente, si è svolto in contumacia.

L’inchiesta sul sequestro di Abu Omar, esfiltrato in Egitto dove denunciò di essere stato torturato, fu condotta dal procuratore aggiunto milanese Armando Spataro. Nel febbraio di quest’anno sono stati condannati in appello gli allora vertici del Sismi: il generale Niccolò Pollari, a 10 anni, e il suo vice Marco Mancini, a nove anni. Ad aprile, invece, in seguito alla richiesta del presidente Usa Barack Obama, il presidente Giorgio Napolitano ha concesso la grazia a un altro degli agenti segreti coinvolti, Joseph Romano. Tutta la vicenda è stata accompagnata da uno scontro istituzionale sull’opportunità che la magistratura indagasse su una materia del genere, sulla quale tutti i governi italiani succedutisi hanno opposto il segreto di Stato.

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