La copertina dell'Espresso nel 1975

La coppia arrestata a Roma per l’aborto clandestino di una diciassettenne ridotta in fin di vita era il punto di riferimento di donne immigrate e prostitute che non volevano una gravidanza. Bastavano 50 euro per abortire senza passare da ospedali e cliniche, nel silenzio più totale. Che cosa sta succedendo? La pratica dell’aborto clandestino sta tornando in voga anche grazie all’obiezione di coscienza messa in atto contro la legge 194.

Vale la pena allora riguardare la copertina dell’Espresso del 15 gennaio del 1975 che denunciava il calvario dell’aborto illegale. Inchiodate alla clandestinità, tante donne morivano o subivano l’asportazione dell’utero per le conseguenze dell’operazione. L’aborto era praticabile, bastava pagare. Un medico ginecologo retribuito per abortire clandestinamente garantiva competenze adeguate. C’erano anche i trafficoni e le mammane con le loro pratiche rischiose spesso dagli esiti mortali. L’altra chance era rappresentata dall’aborto all’estero

Nel 1978 venne approvata la legge 194 per contrastare la pratica dell’aborto clandestino e creare consultori dove le donne potessero essere informate sulle pratiche anticoncezionali. Obiettivo, far diminuire gli aborti. La legge venne subito attaccata e si andò al referendum nel 1981. Il movimento delle donne scese in piazza a difendere il diritto alla salute. Studentesse universitarie e donne del movimento, mettevano in piazza gli indirizzi degli studi dei ginecologi obiettori di giorno e favorevoli all’aborto (a pagamento) di notte e svelavano l‘ipocrisia rischiando denunce penali.

“O quanti begli aborti madama Dc o quanti begli aborti”, gridavano i girotondi grintosi e ironici di allora sfottendo chi negava il diritto all’aborto legale e medicalmente assistito in nome della difesa della vita. Una difesa che non contemplava anche la tutela del diritto alla salute delle donne. Che morissero pure le ‘streghe assassine’ che osavano rifiutare il dono della maternità. Perché dietro la lotta all’aborto non c’e mai stata la difesa della vita, ma una questione di potere sui corpi delle donne. Tutto lì.

Per anni, l’attuale legge 194 ha raggiunto l’obiettivo di diminuire gli aborti contrastandone anche la pratica clandestina. I dati del ministero della Salute nel 2009 indicavano un calo nella pratica degli aborti volontari di almeno quattro punti percentuali rispetto agli anni ’80 e del 2% nell’ultimo decennio: erano 135.133 le interruzioni volontarie di gravidanza (Ivg) nel 2000, 118.579 nel 2009.

Ma la strategia dell’obiezione di coscienza e la chiusura sistematica dei consultori ha reso lettera morta la legge: 80% di obiettori al sud, 70% di obiettori al nord. I ginecologi non obiettori non fanno carriera, né hanno nemmeno vita facile negli ospedali. Il disinteresse della politica nel porre un tetto all’obiezione di coscienza sta mettendo il coperchio sulla bara della legge.

“O quanti begli aborti madama Pdl o quanti begli aborti madama Pd“, verrebbe da gridare anche ora. Ma oggi non ci sono né slogan né tanto meno movimenti delle donne pronti a scendere in piazza per dire “no” al ritorno dell’aborto clandestino. Eppure ce ne sarebbe un gran bisogno.

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