Un omicidio controverso. Sotto, la firma di Hillary Clinton. Così il Dipartimento di Stato americano aveva definito nel suo rapporto del 2010 sui diritti umani la morte di Aziz Amiri, avvenuta tre anni e mezzo fa a Mornico al Serio, in provincia di Bergamo. Una vicenda dai contorni per niente nitidi e che rischiano di rimanere tali perché il gip su richiesta della Procura ha deciso di archiviare il procedimento nei confronti dell’unico indagato, il carabiniere accusato di aver sparato e ucciso il diciottenne marocchino.

I fatti: Aziz, arrivato in Italia dal Marocco 43 giorni prima, la notte del 6 febbraio 2010 si trova in auto a pochi chilometri da Bergamo. È seduto al posto del passeggero, al volante c’è il fratello maggiore, soprannominato Mimmo. Su di lui, 41 anni, c’è un mandato di cattura per spaccio. In macchina qualche grammo di cocaina. A Mornico li raggiunge un conoscente di Mimmo: è lì per comprarla. Il ragazzo è in realtà un confidente dei carabinieri, che lo stanno seguendo. Due agenti fermano l’auto che, secondo la loro ricostruzione, cerca di scappare. Nel tentativo di fuga la Peugeot 206 di Aziz avrebbe speronato l’auto dei carabinieri. Seguono, sempre secondo quanto riferito dai militari, momenti confusi e parte il colpo che uccide il giovane. Il fratello riesce a dileguarsi e di lui, da quel momento, non si ha più nessuna traccia.

Nei giorni successivi ha il via l’inchiesta sull’omicidio del giovane marocchino, ma non fa molta strada. Il carabiniere accusato di aver sparato è indagato per omicidio colposo. Per lui, già nel 2011, il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione, respinta dal gip. Ora, al secondo tentativo, è arrivata. “Le ricostruzioni ufficiali hanno presentato sin dall’inizio una serie di incongruenze. Solo un processo pubblico potrebbe sciogliere i dubbi: per questo è necessario che sia celebrato”. A parlare cosi è un attivista del sito bgreport.org. Il portale d’informazione della provincia di Bergamo ha seguito passo passo la vicenda di Aziz Amiri e ha prodotto un’inchiesta giornalistica “per non fare cadere nell’oblio la morte di questo ragazzo”.

Su Bergamo Report gli interrogativi rimasti aperti sono messi in fila uno dopo l’altro. Per prima cosa, secondo loro, andrebbe chiarita la dinamica degli spari: la versione resa dai due militari intervenuti parla di un solo colpo partito accidentalmente dopo una colluttazione. Il carabiniere si sarebbe trovato fuori dall’auto con un ginocchio a terra, quando è partito il proiettile. L’esame balistico dei Ris di Parma, però, dice un’altra cosa: che il colpo è stato sparato dall’interno dell’abitacolo, dall’altezza dello specchietto retrovisore. Dentro la vettura non è stato ritrovato nessun bossolo. Il carabiniere ha usato la sua pistola privata, non quella di ordinanza, per cui le munizioni non erano rintracciabili. L’arma poteva contenere dodici colpi ed è stata consegnata con nove proiettili ancora in canna. Un testimone, un residente di Mornico, il giorno dopo ha dichiarato a Studio Aperto di aver sentito tre colpi di pistola. L’uomo, non è mai stato interrogato.

Rimangono dubbi anche su quanto avvenuto al fratello di Aziz. “Come è possibile che lui, disarmato, sia riuscito a scappare e sparire per sempre nel nulla”, si domanda bgreport, “mentre due carabinieri ti puntano la pistola addosso?”. “Anche le successive indagini sono abbastanza confuse”, prosegue il sito. “Gli abiti civili indossati dal carabiniere quella sera non sono stati sequestrati, per cui non si è potuto eseguire l’esame del tampone che avrebbe dato la certezza che sia stato lui a sparare. Soprattutto”, conclude, “la Peugeot 206, inizialmente portata in un deposito, fu spostata il giorno nella caserma di via delle Valli a Bergamo. E’ quella presso cui i due carabinieri prestavano servizio. Una scelta quanto meno insolita”. Saranno le motivazioni della sentenza, disponibili nelle prossime settimane, a dire se è stata messa la parola fine sul processo per la morte del 18enne Aziz oppure no.

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