Ogni calendario deve contenere quel giorno, il 30 luglio, un martedì, cerchiato di rosso. E ogni foglietto, ogni previsione, ogni appunto. Pronti. Un segnale, e avanti. Perché se il padrone sta per affogare in Cassazione, Mediaset deve organizzare i soccorsi, disperati, ma pur sempre irrinunciabili soccorsi.

Silvio Berlusconi non ha ancora distribuito le deleghe, i compiti, non ha ancora ordinato di accendere le telecamere su Arcore e nemmeno il pellegrinaggio di direttori e consiglieri è avviato. Ma il giornalista che deve caricarsi in spalla il futuro del Cavaliere, e le sentenze e l’esegesi su Ruby ne diedero prova quantomeno di affidabilità se non di efficacia, non cambia mai: Giovanni Toti, responsabile doppio fra Tg4 e Studio Aperto, dovrà inaugurare in anticipo il settimanale serale Dentro la notizia, previsto per l’autunno. La prima reazione a quel giorno temuto, il 30 luglio, scompiglia l’andatura dei palinsesti di Cologno Monzese, destinati al congelatore come accade per la Rai e, in misura minore, per La7. Mediaset deve tutelare il Capo e non dà mica fastidio avere un buon ritorno di ascolti se la concorrenza s’adagia in bagnasciuga. Ai giornalisti sarà comunicato in via informale, e forse poi in via ufficiale, di modulare le vacanze agostane, di non creare vuoti, zone scoperte, perché in quel mese, archiviato quel 30 luglio, può cadere l’inferno in terra.

Il toscano Toti, berlusconiano convinto e gentile, fu l’ispiratore di un romanzo quasi postumo ormai, la cosiddetta “guerra dei vent’anni” che contrappone, secondo la vulgata di Arcore, la magistratura a Berlusconi: due puntate, una catastrofe di ascolti, addirittura Canale 5 s’inabissò sotto i 6 punti di share, roba da guasti tecnici. Fra un paio di giorni, attutita la botta per la scadenza in Cassazione, Toti e colleghi incontreranno i vertici aziendali, il figlio Pier Silvio, il tentacolare Mauro Crippa e il dottor Fedele Confalonieri che conosce le esigenze e le preferenze di Silvio, l’amico che accompagnava al pianoforte. Anche Paolo Bonaiuti, portavoce e stratega, si lascia scappare: “Ancora non ho parlato con Fedele…”. Il Cavaliere non vuole recitare il verbo, non vuole apparire troppo, ora conviene che il messaggio arrivi ai cittadini e soprattutto ai giudici che dovranno sancire o confutare la frode fiscale per i diritti Mediaset.

Il mirino dovrà contenere due protagonisti, che spesso sono costretti – per i bisogni di Berlusconi – a condividere il copione: il Partito democratico, un pezzo, e le toghe, la quasi totalità stanno cercando di distruggere il governo di larghe intese e minare la credibilità internazionale del nostro Paese. Le solite menate, insomma. La redazione di Toti può apparecchiare l’ennesima “guerra dei vent’anni” in qualsiasi momento, non è confermato e neppure escluso perché al Cavaliere spetta la decisione: a Cologno Monzese sono a disposizione. La Cassazione ha provocato un rimpianto: perché Quinta Colonna di Paolo Del Debbio, un berlusconiano inserito nella categoria “ideologi” assieme a Giuliano Ferrara, dovrà chiudere la stagione il prossimo 19 luglio. Nessuna serata sarà sprecata, ovvio, ma il palinsesto resterà un po’ sguarnito. Da Cologno Monzese fanno notare che la preziosa striscia notturna del Tg5 di Clemente Mimun non riposa e può ospitare l’artiglieria berlusconiana che dovrà cannoneggiare sui cinque giudici. E che lo share li benedica.

da Il Fatto Quotidiano del 12 luglio 2013

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