Giorni scorsi, in questo blog molti commentatori mi hanno accusato di non capire le straordinarie doti innovative di Matteo Renzi, politico ipermoderno (qualcuno ha persino buttato là “europeo”: svedese?). Nel frattempo – come una nemesi – è arrivata a smentire apologeti e tifosi fanatici la “Ferrari Cavalcade”; ossia la vicenda grottesca del Ponte Vecchio di Firenze chiuso al passeggio e affittato alla casa di Maranello per le sue azioni promopubblicitarie. E non si entra nel merito del balletto di cifre sciorinate dal sindaco sull’evento: un fee di 120mila euro (ma qualcuno insinua persino meno di 2.500), un ritorno d’immagine valutato alla Signor Bonaventura nel classico “milione”.

Il tema – semmai – è il modello culturale che si esprime con tale scelta amministrativa così strombazzata, ricordando che già Silvio Berlusconi aveva scomodato il “cavallino rampante” quando – da premier –anni fa illustrò in conferenza stampa le strategie manageriali con cui avrebbe affrontato e risolto l’ennesima crisi della Fiat: vendere un po’ di Panda rinominandole “Ferrari junior”.

Corsi e ricorsi del pavoneggiamento narcisistico.

In particolare – allora come ora – l’attenzione concentrata esclusivamente sul brand, presupposto capace di non si sa quali magie comunicative ed emozionali a livello planetario, rivela alcuni aspetti della mentalità che accomunano tanto il giovane Renzi come l’ottuagenario Berlusconi; sempre e comunque riconducibili alla categoria del provincialismo
più imbarazzante:

a) la sudditanza psicologica alla cultura dell’effimero; roba in voga nei decenni scorsi e che ormai ha decisamente stufato (nella riscoperta del “materiale”, indotta dalle devastazioni a seguito delle politiche da “Robin Hood alla rovescia”, portate avanti mentre la gente veniva distratta con dosi industriali di fumisterie);

b) la convinzione che i problemi si possono risolvere con una “cavatina”. Roba da improvvisati furbastri sulla scia dei Chichibio toscani (il cuoco imbroglione immortalato da Giovanni Boccaccia) o i “falchetti” brianzoli, scesi in città per rifilare bidoni ai più ingenui;

c) la passione irrefrenabile della neoborghesia (che poi non è altro che la folta quanto eterna schiera degli arrampicatori sociali) per l’ostentazione più sfacciata della ricchezza. Nel caso del cacicco di Arcore propria, dei propri sponsor e/o protettori per il putto di Rignano sull’Arno.

Insomma, sotto la patina lucidata dalla chiacchiera e dalle comparsate nei talk show, una cesta di idee vecchissime e pure miserrime.

Ma – altresì – perfettamente in linea con i modelli regressivi di un Paese che da tempo ha smarrito la bussola e cerca rifugio nel miracolo atteso. La cui faccia vizza salta fuori appena scosti la maschera: il modernista Mattero Renzi annuncia querele civili e penali all’indirizzo del senatore cinquestelle Maurizio Romani, reo di aver avanzato perplessità sulla baracconata della “Ferrari Cavalcade”. Tipico di un Paese primitivo e dunque rissoso; dove si suole adire le vie legali anche per il più piccolo tiramento di peli. All’insegna dell’italico profondo “lei non sa chi sono io!”.

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